Palermo, nuovo capo della squadra mobile: "La mafia si è evoluta"

Palermo ha un nuovo capo della squadra mobile: “La mafia si è evoluta”

Antonio Sfameni, capo della squadra mobile di Palermo
Un ritorno in città per Antonio Sfameni

Si è insediato il nuovo capo della squadra Mobile di Palermo. Per Antonio Sfameni, che sostituisce Marco Basile, promosso al grado di dirigente superiore e trasferito a Roma, è un ritorno nella sua città natale dove ha già lavorato.

La carriera di Sfameni è ricca di incarichi prestigiosi e successi investigativi. Originario di Palermo, è entrato in Polizia nel 1991. Nel 2002 è stato assegnato alla questura di Trapani con incarichi di polizia giudiziaria. Nel 2004 ha assunto la direzione del commissariato di Castelvetrano e nel 2005 di quello di Mazara del Vallo.

Nell’aprile del 2011 è stato trasferito alla squadra mobile di Palermo dove nel gennaio 2016 ha lavorato prima alla sezione Criminalità organizzata e poi ha diretto la sezione Antidroga.

Dal 2016 fino ad oggi ha guidato le squadre mobili di Brindisi, Messina e Catania. Nel capoluogo etneo ha lavorato al fianco del questore Vito Maurizio Calvino che oggi ritrova a Palermo ai vertici della questura. È Calvino a presentare Sfameni alla stampa. “Essere il capo della Mobile, per ciò che questo ufficio ha rappresentato e rappresenta per l’Italia, comporta prestigio, onore e responsabilità”, dice il questore.

“Sono onorato di essere qui. Per me è una grande emozione tornare alla squadra mobile di Palermo, una struttura mitica e storica per me in cui ho lavorato in passato, prima da agente poi da ispettore, da funzionario e oggi orgogliosamente da dirigente”, spiega Sfameni.

“La mafia palermitana è targata cosa nostra – aggiunge -. Mentre in altre realtà come quella catanese ci sono altre compagini alternative e diverse e anche più violente di cosa nostra. Alcune cose che accadono oggi nella Sicilia orientale qui accadevano molti anni fa. Come sparare, gambizzare, uccidere. Sostanzialmente sono avvenimenti che qui si ripetono di rado. Non che qui la mafia sia meno violenta, ma si è evoluta. Il figlio del mafioso ha studiato e riesce a muoversi in un campo finanziario e non solo quello dello spaccio di stupefacenti come avviene nel Catanese. La mafia – conclude – è passata a uno step successivo con una visione più ampia del controllo del territorio. Riesce a fare soldi controllando appalti e dedicandosi ad altri settori più remunerativi”.


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