PALERMO – Sentenza confermata, niente ergastolo e gli imputati avranno un ulteriore sconto di pena.
Lo ha deciso la Corte di appello presieduta da Angelo Pellino (a latere Pietro Pellegrini) al processo per l’omicidio di Emanuele Burgio.
Il delitto avvenne alla Vucciria la notte del 30 maggio 2021.
Sotto accusa c’erano i fratelli Domenico (assolto e difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo ed Enzo Giambruno) e Matteo Romano (confermata la condanna a 18 anni di reclusione, difeso dall’avvocato Raffaele Bonsignore); e il nipote di quest’ultimo Giovan Battista Romano (confermata la condanna a 18 anni, difeso dall’avvocato Giovanni Castronovo).
A fare ricorso in appello erano stati i pubblici ministeri e la procura generale. Chiedevano l’ergastolo per tutti e tre gli imputati ai quali contestava la premeditazione.
La difesa non aveva fatto appello con l’obiettivo di poter beneficiare della riduzione di un terzo della pena così come previsto dalla riforma Cartabia.
La sera del 31 maggio 2021 Matteo Romano fece fuoco contro Burgio, che gestiva lo spaccio di droga, usando la pistola che il nipote Giovan Battista aveva portato con sé.
I Romano arrivarono alla Vucciria dopo la mezzanotte, insieme ad altre persone e in sella a degli scooter. Con la vittima erano ai ferri corti da tempo. C’erano state delle liti, anche per banali incidenti d’auto.
“Ti ho dato bastonate, ora ti devo fare fare la fine peggio di tuo padre e di tuo fratello”, avrebbe detto la vittima ad uno dei Romano che in passato hanno pianto la morte del padre assassinato e di un fratello, trovato nudo e legato dentro il bagagliaio di una Fiat Uno con un colpo di pistola ala nuca.
Matteo Romano disse di essere stato provocato, ma è un’attenuante non riconosciuta dai giudici. il delitto però non è stato considerato premeditato. Fu una discussione degenerata.