Palermo, omicidio Burgio: niente ergastolo, le motivazioni

Palermo, omicidio Burgio: perché gli imputati hanno evitato l’ergastolo

Depositate le motivazioni della sentenza

PALERMO – L’omicidio non fu premeditato. Se ci fosse stato un piano di morte per sbarazzarsi di Emanuele Burgio, i Romano non avrebbero scelto la Vucciria per metterlo in atto. La Corte di assise di Palermo presieduta da Sergio Gulotta ha depositato le motivazioni della sentenza di condanna a 18 anni ciascuno di carcere per Matteo e Giovan Battista Romano (difesi dagli avvocati Raffaele Bonsignore e Vincenzo Giambruno). Con il verdetto di giugno è stato assolto Domenico Romano (avvocati Giovanni Castronovo e Vincenzo Giambruno). La Procura aveva chiesto l’ergastolo.

La sera del 31 maggio 2021 Matteo Romano fece fuoco contro Burgio, che faceva affari nel sottobosco della droga, usando la pistola che il nipote Giovan Battista aveva portato con sé. Non ha retto l’aggravante della premeditazione. I Romano arrivarono alla Vucciria dopo la mezzanotte, insieme ad altre persone e in sella a degli scooter. Con la vittima erano ai ferri corti da tempo. C’erano state delle liti, anche per banali incidenti d’auto. “Ti ho dato bastonate, ora ti devo fare fare la fine peggio di tuo padre e di tuo fratello”, avrebbe detto la vittima ad uno dei Romano che in passato hanno pianto la morte del padre assassinato e di un fratello, trovato nudo e legato dentro il bagagliaio di una Fiat Uno con un colpo di pistola ala nuca.

Matteo Romano disse di essere stato provocato, ma è un’attenuante non riconosciuta dalla Corte. Ad evitargli l’ergastolo sono state tre circostanze. Secondo i giudici, se gli imputati avessero programmato il delitto non avrebbero scelto la Vucciria dove sapevano di trovare tanta gente nonostante le restrizioni anti Covid. Non vi sarebbe andati “in compagnia di una serie di altri giovani estranei a tale programma omicidiario“. Prima di andare alla Vucciria erano passati da piazza Magione, ma avevano trovato i locali chiusi.

Altro elemento: “Fu lo stesso Burgio ad attraversare la strada in direzione del locale dove si trovava il gruppo del quale facevano parte gli imputati, cioè sostanzialmente ad invitarli a seguirlo”. La discusione degenerò. Matteo Romano prese la pistola del nipote Giovan Battista. Fece fuoco, Burgio tentò la fuga ma fu inseguito e ucciso con un altro colpo. Non avevo altra scelta, così ha detto, altrimenti sarebbe stata la vittima ad ucciderlo.


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