Palermo, "Di Giacomo si sentiva onnipotente e fu ucciso"

“Si sentiva onnipotente e fu ucciso”: omicidio Di Giacomo, Lipari a giudizio

Giuseppe Di Giacomo e Onofrio Lipari
Il boss di Porta Nuova freddato alla Zisa

PALERMO – Onofrio “Tony” Lipari è stato rinviato a giudizio per l’omicidio del boss Giuseppe Di Giacomo. Lo ha deciso il giudice per l’udienza preliminare Elisabetta Stampacchia. Il processo inizierà il 21 marzo davanti alla Corte di assise di Palermo.

Inseguito e assassinato

PALERMO – Secondo la Procura, l’omicidio sarebbe stato organizzato per “mettere in discussione la sua leadership” e consolidare il potere del boss Tommaso Lo Presti a Porta Nuova. E così il 12 marzo 2014 Lipari “in concorso con altri soggetti”, mai identificati, inseguì Di Giacomo in sella ad uno scooter e lo freddò in via degli Emiri, alla Zisa.

Le minacce per il tatuaggio

Lipari deve anche difendersi dall’accusa di avere minacciato la figlia e la moglie. Andò su tutte le furie quando seppe che la ragazza si era fatta un tatuaggio e se la prese con la moglie che non glielo aveva impedito. “Appena esco ve ne andate perché vi ammazzo a tutti, proprio il tatuaggio non lo doveva fare“, urlava al cellulare che aveva a disposizione in carcere. Il mafioso ha usato tre cellulari nei penitenziari di Larino e Frosinone dove stava scontando una condanna per mafia. Poco prima di tornare in libertà arrivò la nuova ordinanza di custodia cautelare per l’omicidio.

Il pentito

Alessio Puccio, picciotto della manovalanza di Cosa Nostra e collaboratore di giustizia, raccontò che durante un periodo di comune detenzione a Pagliarelli, nel 2014, apprese da Fabio Pispicia che “Tony” Lipari era stato l’esecutore materiale dell’omicidio. Il mandante sarebbe stato il cognato Tommaso Lo Presti, il quale avrebbe chiesto a Pispicia di distruggere lo scooter con cui Lipari aveva inseguito la vittima e la pistola da cui partirono i colpi mortali. Per Lo Presti non sono stati trovati i riscontri necessari per incriminarlo.

Pispicia avrebbe svelato a Puccio anche il movente del delitto: “Era da ricondursi agli assetti interni al mandamento di Porta Nuova e al contegno eccessivamente autoritario di Di Giacomo”. Era diventato “troppo assoluto… si sentiva onnipotente”. Aveva litigato con Lo Presti e lo aveva addirittura preso a schiaffi.

Lipari durante le indagini preliminari decise di rispondere alle domande per negare con forza il delitto. Considerava Di Giacomo un secondo padre. La vicenda non ha compromesso la relazione sentimentale fra il figlio del boss ucciso e la nipote di Onofrio Lipari. I due ragazzi stanno ancora insieme.


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