Palermo, il carcere e i malati che non riescono a curarsi

Palermo, Pino Apprendi: “Quel malato oncologico e l’inferno del carcere”

Il racconto di una sofferenza senza sbocchi

PALERMO- “Il carcere, per chi lo vive, è l’inferno. Non c’è un altro modo per raccontarlo”. Pino Apprendi, garante dei detenuti a Palermo, conosce quei gironi soffocanti. E non è nemmeno una questione di essere cattivi o buoni: la dannazione nasce dalla meccanica di precisione di un luogo sottosopra.

Un regno del nonsenso, delle derive, della sofferenza, nonostante lo strenuo impegno di chi opera e finisce per condividere il dolore di una libertà impossibile. Ecco cos’è il carcere.

Ma il guasto originario non è nemmeno nella politica. Bisogna risalire all’indifferenza sociale che ha demandato a sbarre e chiavistelli il compito di tappeti per nascondere ‘polvere di umanità’. Vale la pena di parlarne, nell’estate rovente che amplifica il disagio in cella.

“I disagi sono quelli risaputi – dice Pino Apprendi -. Mi occupo di Pagliarelli, Ucciardone e del minorile, il Malaspina. Si soffre per il freddo d’inverno e per il caldo in estate. Ci sono problemi con l’acqua al Pagliarelli, per cui anche la doccia segue dei turni. C’è, in generale, il problema delle mense per cui lo Stato spende pochissimo. E ci sono persone che non riescono a curarsi come si deve”.

Apprendi approfondisce il discorso sanitario, dietro le mura. “I detenuti aspettano mesi per una visita specialistica, perché, ovviamente, non possono rivolgersi ai privati. Quando finalmente arriva il turno, il personale non basta, l’ambulanza manca…”.

“Conosco la storia di un paziente oncologico ultrasettantenne che fa la chemioterapia ed è in carcere, quando sarebbe opportuna una pena alternativa. Il sovraffollamento non aiuta. Al Pagliarelli sono mille e quattrocento detenuti, su mille che se ne potrebbero ospitare. All’Ucciardone sono cinquecento”.

“C’è la questione spinosissima dei pazienti psichiatrici che non dovrebbero stare lì – aggiunge Pino Apprendi – c’è chi sta già male, quando entra. C’è chi si ammala dopo. Non esistono, di fatto, strutture alternative”.

“Ci vuole maggiore personale di polizia penitenziaria, di assistenti, di psicologi e di medici. Si attende davvero tanto per una visita. Faccio un esempio. Il mal di denti è una cosa banale, no? Ma se ce l’hai, soffri terribilmente. E se nessuno viene in tuo soccorso?”, è la conclusione del ragionamento di Pino, storica figura dell’impegno sociale.

Qualcosa si muove, annuncia il garante di Palermo: riunioni con il Conservatorio e con le associazioni di categoria del commercio: “Perché chi affronta la pena in semilibertà è a meno rischio recidiva”.

Ma c’è sempre troppo caldo nelle celle e ce ne sarà sempre di più. L’estate che per molti rappresenta un invito alla leggerezza, per i reclusi, per la ‘polvere umana’, è solo un altro e più rovente girone dell’inferno.

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