PALERMO – La tesi degli “scafisti per necessità”, che fece breccia nei giudici di primo grado, deve avere convinto anche la Corte di appello. Confermata l’assoluzione di 14 imputati.
A sostenerla sono stati i legali delle difese, gli avvocati Matteo La Barbera, Alessandro Martortana, Sergio Lapis, Daniele Giambruno, Loredana Culò, Bianca Savona, Emilia Lombardo, Consiglia Cioffa, Daniele Lo Piparo.
Gli imputati non erano in affari con i trafficanti di uomini. Si sarebbero messi alla guida delle imbarcazioni per scappare dall’inferno dei lager dove erano rinchiusi in Libia. Se davvero fossero stati componenti di bande criminali che lucrano sulla pelle dei disperati non sarebbero stati minacciati con delle pistole, obbligati a salire su un gommone senza benzina e senza salvagente, con il rischio di andare incontro alla morte.
Hanno assistito alla lettura del verdetto in libertà, molti erano stati scarcerati dopo la sentenza di primo grado, Ebrina Fofana (Gambia), Fall Ibrahima (Senegal), Mamadi Jarju (Gambia), Mahamadou Bade (Senegal), Emanuele Nikwie (Ghana), Kofi Bilson (Ghana), Fall Mouhamed (Senegal), Sarr Mustefa (Gambia), Alex Janga (Guinea Bissau), Jobe Jegan (Gambia), Akim Karam Mohamed (Sierra Leone), Bah Draman (Senegal), Tune Ngala (Senegal).
Arrivarono in Sicilia il 25 maggio 2016. Ci fu un’ondata di sbarchi quella notte. Un migliaio le persone salvate e trasferite a Palermo per essere identificate. I migranti stipati sulle carrette del mare riconobbero coloro che guidavano le imbarcazioni.
I difensori hanno invocato la scriminante dello stato di necessità. O guidavano fino alla terraferma oppure sarebbero morti.