05 Gennaio 2023, 06:00
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PALERMO – Parte da Palermo l’organizzazione del comitato “Esodati del Superbonus Sicilia”, un gruppo di 90 persone tra imprenditori, professionisti ed anche committenti che nelle ultime settimane, specie dopo una manifestazione di protesta romana, inizia ad organizzarsi nell’Isola per chiedere soluzioni per il settore dell’edilizia in crisi dopo la chiusura di tutte le ipotesi di cessione del credito conseguito mediante lo sconto in fattura a valere su interventi di bonus edilizi. “Lo scenario è a tinte fosche – affermano – e la paura è quella che al rischio di fallimento per parecchie aziende si accompagnino gesti di sconforto estremi da parte di qualche imprenditore sull’orlo del baratro”.
Ci sono le imprese, ci sono i professionisti che primi tra tutti hanno visto svanire negli scorsi mesi le possibilità di monetizzare i loro crediti e ci sono, infine, anche i committenti che oltre ad essere preoccupati per la situazione finanziaria temono di restare con i lavori non completati. Hanno scelto, seguendo il nome nazionale la parola “esodati” ricordando un’altra famosa “vertenza”: quella aperta dopo la legge Fornero da alcuni lavoratori. “Come loro – spiegano esponenti del comitato – ci sentiamo traditi dallo Stato in cui avevamo posto fiducia. Abbiamo creduto e applicato una legge dello Stato italiano e abbiamo subito oltre 23 modifiche che hanno finito per bloccare un intero settore che dopo anni di stasi era ripartito. Oggi ci sentiamo beffati, siamo in crisi pur avendo lavoro. E come spesso accade, chi ha agito nella correttezza piange a causa degli errori di pochi truffatori”.
Per gli esodati del Superbonus, sul provvedimento si sono costruiti una serie di “falsi miti” primo tra tutti che l’intervento è troppo costoso per lo Stato. “Secondo uno studio del Consiglio e della Fondazione nazionale dei commercialisti, elaborato sulla base delle stime della Ragioneria generale dello Stato, per ogni euro pubblico speso rientrano all’Erario 43,3 centesimi in termini economici. Il costo netto non è dunque del 110 per cento ma del 56,7 per cento. Adesso però – ricordano – il settore si è immobilizzato e si sta incancrenendo perché le imprese non hanno più liquidità per pagare fornitori e lavoratori e il rischio è quello di fallimenti a cascata”.
La principale richiesta è quindi quella di ottenere dallo Stato regole certe e stabili e la possibilità di sblocco delle operazioni di cessione del credito. “Abbiamo milioni di euro bloccati – spiegano – e mentre non abbiamo incassato ci viene richiesto di pagare le imposte da uno stato che non ci riconosce quanto avremmo diritto di ottenere. È un problema che hanno incontrato i professionisti a cui è stato detto che l’erogazione sul cassetto fiscale equivale all’incasso e le imprese che pagano le tasse sulla competenza annuale, sul fatturato di ogni anno. Una soluzione rapida sarebbe così -propongono – quella di potere utilizzare rapidamente a compensazione le risorse presenti e bloccate sulle varie annualità del cassetto fiscale”.
Tanti altri sono i temi su tutto regna la paura per il 2023 “potrebbe essere l’anno della rinascita ma temiamo sarà l’anno della crisi nera”.
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05 Gennaio 2023, 06:00