Ucciso e abbandonato sulla Statale | La famiglia: "Giustizia per Mario" - Live Sicilia

Ucciso e abbandonato sulla Statale | La famiglia: “Giustizia per Mario”

Mario Ruffino aveva 44 anni

L'uomo fu trovato senza vita quasi due anni fa. I familiari: "Ancora non conosciamo la verità".

PALERMO - IL GIALLO
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PALERMO – Il suo corpo fu ritrovato a distanza di tre mesi dalla scomparsa. L’incubo, però non finì quel giorno, era il 2 febbraio del 2017. Dopo quasi due anni, infatti, è ancora avvolta nel giallo la morte di Mario Ruffino, il 44enne di Caltavuturo trovato senza vita nei pressi dello svincolo di Buonfornello. Il cadavere era in avanzato stato di decomposizione, abbandonato vicino alla strada statale 113.

Secondo quanto accertato dall’autopsia, l’uomo sarebbe stato colpito più volte, probabilmente con una spranga, per questo la Procura di Termini Imerese aprì un fascicolo per omicidio, sul quale partirono le indagini del commissariato di Cefalù. Furono effettuati rilievi ed accertamenti sulle tracce trovate sugli abiti di Ruffino che, ancora oggi, sono in fase di completamento.

“E a noi non resta che piangere e portare i fiori sulla sua tomba – dice il cognato del 44enne, Giuseppe Capuano -. Da allora viviamo nell’angoscia perché non sappiamo come è morto Mario, non abbiamo la certezza di cosa possa essergli accaduto. Se è stato un omicidio, pretendiamo che il colpevole paghi”.

Mario Ruffino non era sposato e viveva nella casa dei genitori, a Caltavuturo, paese in provincia di Palermo dove lo conoscevano tutti. Spesso si allontanava dal piccolo centro: “Non aveva né un’auto, né un cellulare – racconta Capuano – ma viaggiava col treno e a volte si recava a Palermo. Faceva lavori saltuari – prosegue il cognato – quel giorno aveva detto che sarebbe andato a raccogliere funghi”.

Da allora il mistero. L’uomo non è più rientrato in casa e, a distanza di tre giorni, i genitori denunciarono la sua scomparsa. “Per tutti noi cominciò l’inferno – aggiunge il parente -. Prima si persero le sue tracce, io stesso, insieme ai carabinieri, mi occupai di diffondere i volantini con il volto di Mario in vari paesi e anche in città. Poi fu ritrovato il cadavere, ma ancora oggi non sappiamo chi ha agito in modo così atroce. Vogliamo la verità, non possiamo convivere per sempre con questo incubo. Mia moglie è diventata ansiosa, è spesso preoccupata. Non è possibile accettare la fine di un fratello in questo modo. Vogliamo giustizia per Mario”.

Dal giorno del ritrovamento del cadavere, a chiedere più volte che si faccia luce sulla morte di Ruffino sono stati il sindaco di Caltavuturo, Domenico Giannopolo e il consigliere comunale di Caltavuturo, Massimiliano Cerra. “Le condizioni del corpo di Mario Ruffino avrebbero evidenziato una morte traumatica e per niente accidentale. Da allora – sottolinea il primo cittadino – non si hanno più notizie dell’andamento delle indagini e se le stesse continuano per conoscere i responsabili, le modalità del decesso e quant’altro utile per l’accertamento della verità. Cercare la verità è obbligo degli inquirenti e lo è sul piano morale e civile anche dell’intera comunità che ha anche diritto di sapere se nel suo seno covano infezioni penalmente rilevanti da circoscrivere e da stroncare”. 

“Anche durante l’ultima commemorazione dei defunti, nel giorno di tutti i morti, noi caltavuturesi non abbiamo potuto celebrare la festività con totale serenità – aggiunge Cerra -. Ancora oggi  un concittadino rimane senza verità. A quasi due anni di distanza non c’è giustizia per l’omicidio di Mario Ruffino, è assurdo che non vi sia ancora chiarezza e risoluzione delle indagini con l’arresto del colpevole o dei colpevoli. Senza peli sulla lingua: se la giustizia è uguale per tutti, perché l’anima di Mario non la conosce? Si vuole arrivare all’archiviazione del caso? E su quale cuscino di dignità dormiremmo la notte? Pretendiamo tutti la verità”. 


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