PALERMO – Sebastiano ha appena versato dell’acqua in una bacinella azzurra, la userà per lavare gli indumenti sporchi. Anna mette in ordine la loro “capanna”, fatta di vecchi pezzi di legno, tela e cellophane. Il tetto è un ombrellone blu per il mare e c’è anche un cartello con l’immagine di una cane: “Io abito qui”, dice. In quell’angolo di disperazione vivono fratello e sorella, palermitani di 56 e 48 anni, insieme alla loro “Lady”.
“L’ho adottata dieci anni fa – dice Sebastiano Riggio – era appena nata quando l’ho portata a casa e mi è stata accanto sempre. Non la abbandonerò neanche adesso, nonostante la vita mi abbia ormai voltato le spalle da tempo”. Siamo a piazza Magione, in pieno centro storico a Palermo. Il mondo di due persone che hanno perso tutto, è interamente lì, sotto due alberi che si trovano tra la chiesa e la palestra che si affaccia su via Gaetano Filangeri. “Non abbiamo nulla – spiega Anna – dalla fine di maggio ci troviamo in queste condizioni perché l’appartamento in cui abitavamo è stato pignorato, poi siamo stati sfrattati”.
L’incubo di fratello e sorella è cominciato dopo la morte dei genitori. Con loro abitavano in via Filippo Parlatore: “Era stato acceso un mutuo per l’acquisto dell’appartamento – spiegano – e ai tempi uno dei nostri cinque fratelli aveva fatto da garante. Abbiamo perso i nostri genitori a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro e senza di loro è crollato tutto. Chi si era messo a disposizione per garantire i pagamenti – precisano – si è infatti tirato indietro”.
A quel punto, il mancato pagamento delle rate del mutuo avrebbe provocato l’avvio dell’iter che si è concluso con lo sfratto. “E’ stata una procedura lunga – spiega Anna con le lacrime agli occhi – durante la quale siamo stati abbandonati da tutti. Mio fratello lavorava come badante, sono stata ospitata in casa del suo datore di lavoro, ma non potevamo rimanere lì”.
“Ed io non potevo lasciarla da sola – prosegue Sebastiano – ho così dovuto lasciare quel lavoro. Mia sorella soffre di depressione e crisi d’ansia dalla morte dei nostri genitori. Ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei, non avrei mai potuto abbandonarla. Adesso, però, dobbiamo affrontare difficoltà enormi. Non c’è nessuno che ci porge una mano o che ci offre un lavoro, siamo da soli. Non abbiamo intenzione di separarci, siamo pronti ad affrontare qualunque cosa insieme”.
Ma dopo l’estate arriveranno i problemi maggiori. Quella capanna non potrà essere un rifugio per sempre. “Quando arriverà il freddo – dice Anna Riggio – non potremo rimanere qui. Abbiamo bisogno di aiuto, di un tetto sotto il quale vivere dignitosamente, tutti e tre. Il cibo e i vestiti non ci mancano, per fortuna ci sono i volontari delle associazioni ad assisterci. Ma ci mancano il conforto e la forza di andare avanti in queste condizioni. Chiediamo alle istituzioni di ascoltarci, di darci una possibilità. La nostra famiglia ci ha già abbandonati a noi stessi, non sappiamo più a chi rivolgerci”.