CATANIA – “È successo qualche giorno fa: eravamo nella piazza della Stazione, stavamo distribuendo i pasti. Si sono avvicinati due signori anziani, vestiti con cura, in attesa dell’autobus. Non erano senza fissa dimora. Ma ci hanno chiesto lo stesso se ci fosse rimasto qualcosa, se potevamo aiutarli. Avevamo finito tutto, abbiamo potuto dare loro solo qualche bottiglietta d’acqua”. Cristofero Luca Amoroso ha 19 anni ed è tra i più giovani volontari di Arbor, l’unità di strada nata tre anni fa dall’associazione del terzo settore Auser. Cristofero e un’altra quindicina di volontari tutti i martedì sera fanno il giro della città per portare un pasto e una bevanda ai clochard di Catania.
Per il momento, il lavoro di assistenza dei senzatetto del capoluogo etneo, sulla strada, è affidato solo ai volontari. Il progetto di unità di strada del Comune di Catania si è concluso il 19 novembre e si attende il prossimo bando affinché possa ripartire. Nel frattempo, da quanto si apprende, è la Croce Rossa a tentare un lavoro di coordinamento, nell’attesa che il municipio possa ricominciare a fare la sua parte. Questioni di bilanci, fondi e finanziamenti, che si sono tutte concentrate nei mesi freddi dell’anno. Quando, cioè, chi non ha una casa ha più bisogno di aiuto.
“Noi durante i nostri giri assistiamo circa cinquanta persone – spiega Amoroso – Recentemente abbiamo notato un lieve aumento delle persone in strada. Sono cose che capitano ciclicamente, mi hanno detto. Dipende dagli spostamenti”. Lui ha cominciato a fare il volontario a febbraio 2022. Questo sarà il primo pieno inverno che affronterà da attivista dell’unità di strada di Arbor. “In ciascun luogo, non c’è mai un numero fisso di persone. Di recente è stata smontata una grande tenda che c’era in piazza della Repubblica, l’ultima volta chi ci viveva dentro non si trovava più nella stessa zona. Probabilmente sono andati altrove. A volte gli spot vengono abbandonati, ma poi ritrovi chi li occupava da un’altra parte”, commenta.
Il lavoro dei volontari è utile, ma non è sufficiente. “È chiaro, purtroppo, che non riusciamo ad aiutare tutti”. E che alcuni servizi, senza l’unità di strada organizzata dal Comune, diventa più difficile fornirli. Il più importante tra tutti è la residenza virtuale: si tratta di un’indicazione geografica che permette di registrare i clochard e dare loro la possibilità di avere una carta d’identità, una tessera sanitaria, un medico di base, di chiedere un permesso di soggiorno o fare domanda per avere il reddito di cittadinanza. Gli operatori dell’unità di strada municipale si occupavano di raccogliere i dati e veicolarli ai Servizi sociali del Comune per sbrigare le pratiche. Adesso, senza di loro, una opzione è che siano gli stessi dipendenti comunali ad andare in strada e permettere ai senzatetto di esercitare un loro diritto.
“Senza contare che era importante che le persone venissero seguite quotidianamente. Oggi questo lavoro tenta di farlo la Croce Rossa”, ammette il 19enne. Non è solo questione di dare un pasto. Si tratta di assistenza medica, prosecuzione di terapie, fiducia. I dormitori sul territorio, quello comunale di via Delpino e gli altri, si riempiono ogni sera in fretta. Anche il livello base dell’assistenza ai più bisognosi è messo a rischio da progetti in scadenza e bandi da rinnovare. In una città in cui il tema dei senza fissa dimora si pone sempre troppo poco spesso e in cui perfino gli aiuti più basilari sono in dubbio, non è possibile pensare a fare di più per chi non ha una casa: fornire il supporto psicologico e sanitario.
“Intanto sarebbe bello se riuscissero ad avere almeno due pasti al giorno, tutti i giorni. E poi bagni e docce pubblici, dove potere pensare alla propria igiene personale. Anche questo, a Catania, sarebbe già tanto”, conclude il giovane volontario.