PALERMO – Manca l’ultimo passaggio, la sentenza della Cassazione. La mafia avrebbe sfruttato la disperazione della povera gente. Uomini e donne indebitati sarebbero finiti nella rete degli usurai di Cosa Nostra. L’udienza è fissate per il 27 marzo.
Gli imputati
Sotto processo c’è anche l’avvocato bagherese Alessandro Del Giudice, che risponde di concorso esterno in associazione mafiosa e ha ottenuto la speciale riduzione prevista per chi collabora con la giustizia. In appello gli sono stati inflitti 4 anni, 2 mesi e 20 giorni.
Gli altri imputati sono Giovanni Di Salvo, detto Gino (già condannato per mafia, in appello gli sono stati inflitti 5 anni e 2 mesi), l’imprenditore Simone Nappini (3 anni, un mese e 20 giorni), Antonino Troia (2 anni e otto mesi).
Vittime a Bagheria, Ficarazzi e Villabate
Sarebbe stato Del Giudice a procacciare i clienti agli usurai nei comuni di Bagheria, Ficarazzi e Villabate. Tutta gente in gravissime difficoltà economiche, costretta a rivolgersi agli strozzini. I tassi dei prestiti variavano dal 143% annuo fino al 5.400% annuo (a fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli 4 giorni diventava di 800 euro). Chi non pagata veniva minacciato.
Del Giudice decise poi di collaborare con la giustizia. Ha negato, però, di essere stato il messaggero di Pietro Formoso, condannato con l’accusa di essere il capomafia di Misilmeri e fratello di due boss stragisti. Con lui avrebbe avuto solo rapporti professionali. Per un breve periodo è stato il suo difensore.

“Non emerge in alcun modo che Del Giudice fosse consapevole del fatto di agevolare o dare un contributo, con dolo specifico, a Cosa Nostra”: su questo si basa il ricorso in Cassazione dell’avvocato Leopoldo Catena.
“Profondo ravvedimento” dell’avvocato Del Giudice
Del Giudice è passato dal carcere agli arresti domiciliari in una località della Campania e infine all’obbligo di dimora in Sicilia. Il suo legale sottolinea il suo “percorso di collaborazione con la giustizia a seguito di una profonda meditazione mistico-religiosa interiore che lo ha condotto ad una resipiscenza seguita da un profondo ravvedimento”.
La sua scarcerazione viene vista come “un grande passo verso la libertà definitiva ed esempio di chi realmente vuole reinserirsi socialmente a seguito di errori che si possano commettere nel corso della vita”.