Palermo e droga, arresti allo Zen: traditi dalle istituzioni

“Droga, la speranza dello Zen tradita dalle istituzioni”

Il blitz, parla il presidente del Laboratorio Zen Insieme

“Si prova tanta rabbia, a fronte del grossissimo lavoro che il terzo settore porta avanti in un quartiere tanto difficile come lo Zen che vuole riscattarsi. Le operazioni anti-droga delle forze dell’ordine sono necessarie. E’ il resto che non c’è”.

Fabrizio Arena (nella foto) è il presidente del ‘Laboratorio Zen Insieme’ e abita a Ballarò. Per missione e per domicilio si trova nell’epicentro delle zone di spaccio. Allo Zen 2 c’è stato un blitz. Ne parliamo insieme.

Dunque, Fabrizio.
“La repressione sembra essere l’unica risposta disponibile. Il lavoro del terzo settore rischia di venire vanificato dalla mancanza di un sistema e dalla risposta delle istituzioni che non è sufficiente: è chiaro che qualcosa non sta funzionando”.

Perché dice questo?
“Perché l’assenza è lampante, non c’è un intervento sociale strutturato e non possiamo essere soltanto noi a raccogliere i cocci, con la nostra attività, con i nostri progetti sul territorio. Serve uno scatto e servono servizi continuativi”.

Voi come agite?
“Noi facciamo antimafia sociale, con più sfaccettature, cercando di prevenire le condizioni che generano manovalanza. Promuoviamo la cultura e il saper fare, per tentare di dare a tutti la giusta dimensione”.

La droga, allo Zen, si vede?
“Ci si muove a ondate, tra crack e altre sostanze. A Ballarò, dove vivo, il fenomeno è estremamente visibile: si compra e si consuma alla luce del sole. Allo Zen, si comincia a notare qualche movimento maggiore di consumatori. Questi consumatori sono, per la più ampia maggioranza dei casi, esterni al quartiere. Non mi pare che ci sia ancora un’emergenza crack tra i giovanissimi. E sottolineo: ancora”.

Il punto qual è?
“L’emergenza è sull’intera città, con zone più o meno a maggiore densità. Il fenomeno dello spaccio e del consumo di droga riguarda Palermo. Il mercato è ovviamente gestito dalla mafia, dalla criminalità organizzata. Si deve fare di più, insisto”.

Nello specifico?
“Ci vogliono un maggiore coordinamento e una attenzione più vigile. Finora, scorgiamo soltanto pannicelli caldi”.

E lei prova rabbia?
“Sì, perché, nell’assenza di servizi, nonostante l’enorme lavoro fatto dallo Zen per riscattarsi, passa l’immagine del quartiere-ghetto e irredimibile. Invece, le persone hanno una voglia immensa di rinascita, ma subiscono uno stigma”. (rp)


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