PALERMO – Tra indagini e processo sono trascorsi dieci anni. Giuseppe Di Masi è stato assolto dall’accusa di avere detenuto illegalmente una pistola mentre è stata dichiara prescritta l’imputazione di rissa. La sentenza è del giudice monocratico della IV sezione penale, Maria Cristina Sala.
Di Masi, infermiere sessantenne, trascorse un paio di giorni in carcere nel 2015 dopo una sparatoria allo Zen 2. Una lite per un pallone sfociò, dopo alcune ore, in una rissa tra famiglie in via Rocky Marciano. Un bambino finì in ospedale raggiunto di striscio da un proiettile.

L’accusa riteneva che Di Masi fosse in possesso della pistola mai ritrovata. I suoi avvocati, Mauro Torti e Corrado Nicolaci, hanno fatto mergere che non poteva essere stato lui a impugnare l’arma. L’imputato è destrorso.

La mano destra era pulita, mentre la prova dello stub rilevò piccole tracce di polvere da sparo nella sinistra. Dunque non fu lui ad esplodere il colpo, semmai intervenne – ha spiegato la difesa – per evitare che nella confusione qualcuno premesse il grilletto. Allora come oggi circolavano parecchie armi nel quartiere.
Restava in piedi la rissa, venuta meno in passato per altri imputati, perché a Di Masi veniva contestata una recidiva. I legali hanno spiegato che si tratta di una vecchia vicenda risalente a 25 anni fa. Da allora nessun altro guaio con la giustizia. Senza la recidiva il tetto della prescrizione si è abbassato. L’imputato ha comunque sempre sostenuto di non avere preso parte allo scontro.

