Qualche settimana fa Paola Cortellesi, nel corso dell’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università Luiss “Guido Carli”, ha pronunciato un monologo sul sessismo nelle fiabe, sottolineando come siano farcite di stereotipi che hanno solidificato la cultura patriarcale nel nostro Paese. I detrattori, sul piano ideologico, hanno esultato intorno all’uscita dell’interprete, autrice e regista, reduce dal trionfo, culmine e sunto di una carriera, di C’è ancora domani.
La polemica non ha sondato le ancestrali fonti dell’immaginario dei narratori che costruirono le loro eroine al di fuori di un tempo assoluto; per fare questo, occorre leggere e riflettere, e, come è noto, queste sono fatiche improbe. Piuttosto, con il liberatorio supporto dei social, si è andati avanti con poco riguardo a epoche, atmosfere e strutture che facevano da sfondo a racconti pittorici e magniloquenti, volti a connettere al fantastico un forte impianto morale, alternando a eventi fatali, o persino magici, il realismo del dolore. Qualche luce si inframezzava alle molte ombre che riassumono l’umano destino e indicavano una via maestra, secondo un’ottica antica, utile oggi solo a misurare la distanza tra mondi affini, eppure inconciliabili.
In un universo rappresentato dalla stessa consistenza di quello reale, le fiabe costruivano un’etica, e le loro protagoniste, fossero esse orfane, separate dagli affetti, impoverite, umiliate, riuscivano a fronteggiare gli artefici dei malefici. Il genio artistico conferiva loro una disciplina, una linea guida, perché non tutto è bene, non tutto è male; prospettava l’utopia di un mondo ove il bene comunque prevarrà.
Le favole, a qualunque latitudine, svolsero (e svolgono) un ruolo fondamentale nel sistema educativo, in particolare nell’età evolutiva. Originando dai miti e dalle consuetudini impressi nell’immaginario collettivo, ebbero la funzione di tramandare da una generazione all’altra la cultura popolare e gli insegnamenti propri dell’ambito sociale in cui nascevano e si disseminavano, via via adattandosi a mutati contesti storici. Oltre che alla fantasia, aprivano alle più variegate esperienze, pur nella loro cruda realtà, narrando, nelle versioni originali, le vicende umane più turpi.
Ricostruirne l’inesauribile propagarsi, fino al diventare parte essenziale di tutte le culture, richiede il ricorso alle scienze sociali e naturali, non meno che a quelle cognitive. Jack Zipes, germanista di fama internazionale, traduttore e curatore di raccolte fondamentali per gli studiosi, in La fiaba irresistibile. Storia culturale e sociale di un genere, descrive la tradizione orale della fiaba nell’antichità, e la sua evoluzione dapprima nel passaggio alla scrittura e alla stampa, quindi attraverso i continui adattamenti ai nuovi mezzi di comunicazione, dal teatro al cinema, dalla tv all’animazione.
Compiendo questo percorso, Zipes restituisce spazio e voce a quella dimensione orale che i grandi folkloristi del XIX avevano valorizzato. Gli esseri umani non hanno mai smesso di raccontare storie, e disporsi ad ascoltarle è il primo passo per comprendere come mai nei secoli le fiabe siano divenute così familiari e abituali, potente mezzo per trasmettere norme e gusti estetici a bambini e adulti. La scoperta delle dimensioni storiche delle grandi fiabe classiche spiega la continuità della loro rilevanza nella vita contemporanea.
Appare evidente, al di là della disamina culturale, che se oggi, al grido di “le fiabe non si toccano”, si levano gli scudi per preservarne i testi originali, in realtà se ne difendono versioni abbondantemente rivisitate da successivi autori, dalle case editrici, o dalle grandi produzioni cinematografiche come il colosso Disney; d’altra parte, la tensione americana al presunto “politically correct” influenza in modo eccessivo la riscrittura o perfino la cancellazione di testi relativi a ogni area dello scibile umano: ma tra ultraconservatori e iper revisionisti, inutile dirlo, non è il buon senso a prevalere.
Tornando alla polemica, il punto non è essere favorevoli o contrari alle favole. Appare difficile, a meno di non essere pretestuosamente di parte, non concordare sull’acuta analisi della Cortellesi; e le critiche alla sua satira sul maschilismo non fanno che confermarne l’esistenza.
Il problema, piuttosto, è che a difendere il contenuto delle fiabe si levino le voci di personaggi politici che auspicano che la massima aspirazione di ogni donna sia la maternità, o che esternano sui social, riguardo alla boutade “se Biancaneve fosse stata una cozza il cacciatore l’avrebbe salvata lo stesso?”, dichiarando che il femminicidio fu commissionato da una donna, la matrigna, ma non ebbe luogo solo grazie al buon cuore del maschio al quale era stato ordinato di compiere il misfatto, senza probabilmente rendersi conto che questa “interpretazione” non fa che confermare l’assunto dell’attrice: alle donne delle favole viene riconosciuta solo la dote della bellezza e le antagoniste sono difatti brutte e cattive.
In estrema sintesi, o brutte streghe o belle bisognose di essere salvate da un uomo. Ed era appunto questo il tema della prolusione di Paola Cortellesi, che ha invitato gli studenti maschi al rispetto per le donne e ha ricordato che l’emancipazione femminile passa dalla passione politica e dal diritto al voto: le donne si salvano da sole.
In buona sostanza, il confronto su un tema apparentemente lieve ancor oggi è aspro e difficile, nonostante unanimemente tutti abbiano (a parole) approvato che “l’educazione, la formazione, la scuola, l’università e il senso della legalità e del riconoscimento del merito sono determinanti nel raggiungere il fondamentale risultato della uguaglianza di genere”, come ha affermato Paola Severino, Presidente della Luiss School of Law.
Morale della favola? Il mutamento formale di certi racconti ha richiesto qualche centinaio di anni; quello sostanziale forse non si è mai compiuto. Ciascuno di essi è il singolare tassello di un puzzle destinato a rappresentare un’unica storia, che possiamo comporre o scomporre secondo i nostri strumenti, magari rimuovendo gli ostacoli alla conoscenza con intelligente strategia, rispolverando, oltre le mode, la nobile arte della lettura.