Papale papale - Live Sicilia

Papale papale

E poi arriva lui, di domenica. Si mette a compiere gesti semplici. Rasserena gli animi con azioni umili. Anche lui tifa. Anche lui stringe tra le mani la maglia della sua squadra. E cosa importa se è il Papa.

Domenica di Pasqua. Come in tutte le domeniche mattina in cui non lavoro, torno nella casa dove sono cresciuto per stare un po’ con mia madre. Lo specchio dell’ascensore è sempre lo stesso, anche se quell’immagine riflessa mi appare sempre un po’ più stanca. Anche il copione è sempre uguale: un bacio a mia madre seduta sulla poltrona o distesa sul letto, il vassoio con i dolcini, la badante che mi prepara il caffé, due chiacchiere sempre più sconnesse e la Tv accesa su Rai Uno per ascoltare insieme la Messa e il Papa che recita l’Angelus. Con il nuovo Papa che mi saluta e sorride, oggi la Domenica di Pasqua sembra più gioiosa. Non frequento molto le chiese ma con tutti i miei limiti mi sforzo di seguire la parola di Cristo. E penso che forse davvero c’è la mano della Provvidenza nell’avvento di Francisco, il Papa che saluta e sorride. Come spiegarmi altrimenti la singolare rinuncia di un Papa che ha parlato al mio cuore solo quando ha deciso di confessare la sua stanchezza e il successivo Conclave in cui un centinaio di uomini così diversi hanno impiegato solo due giorni per scovarne uno alla “fine del mondo”? Un uomo che ha scelto di ripercorrere la via tracciata da Papa Giovanni e appena intrapresa da Papa Luciani: quella del pastore umile e sorridente che non teme di sporcarsi le suole delle scarpe camminando in mezzo alle sue pecorelle.

Fin dall’inizio abbiamo colto tanti segni: la scelta del nome, la croce di ferro, i saluti colloquiali di incontro e di congedo, la preghiera di ringraziamento e quella richiesta per intercessione, la ripetizione delle due parole-chiave: speranza e misericordia. E poi la visita al carcere per la cerimonia del Giovedì Santo su cui i soliti farisei hanno storto il muso perché alcuni di quei piedi che Francisco s’era chinato a lavare e baciare erano femminili oppure, scandalo inaudito, musulmani. Ma domenica scorsa Francisco ha definitivamente conquistato il mio cuore con la forza della semplicità delle parole e dei gesti in quello che appare il preludio ad un cammino di riconciliazione che, ne sono certo, coinvolgerà tanti “uomini di buona volontà”.

Francisco ha cominciato il suo discorso parlando ai malati ed ai carcerati, ha invocato la pace sulle regioni del mondo più travagliate, ha condannato la “tratta delle persone” e lo sfruttamento iniquo delle risorse naturali esortando noi uomini ad essere “custodi responsabili del creato”. Parole chiare e terrene di uno che finalmente parla davvero “papale-papale”. Infine, rinnovando un’usanza comune nel continente americano dove il celebrante saluta i fedeli davanti alla Chiesa al termine della Messa, è salito sulla sua Papa-mobile per un giro in Piazza San Pietro. E lì ho quasi pianto. Dapprima quando ha baciato e abbracciato a lungo un ragazzo che, per quanto disabile, era perfettamente capace di far cogliere tutta la sua gioia inattesa. Poi quando ha chiesto all’autista di fermarsi per raccogliere un dono dal valore spirituale nullo, ma che ha invece un grandissimo significato per milioni di appassionati di calcio come me: la maglia della propria squadra.

Eh sì, perché subito dopo la sua elezione abbiamo appreso che il Papa è un “cuervo”, un tifoso del San Lorenzo de Almagro, gloriosa squadra di Buenos Aires fondata dai salesiani per togliere dalla strada i ragazzini del popolare quartiere di Boedo. Confrontando i due gesti d’amore visti in pochi secondi in Piazza San Pietro, ho pensato a Tiziano e a De André che descrissero, ciascuno a modo proprio, “l’amore sacro e l’amor profano”. Se non fosse che per noi tifosi niente è sacro come la maglia, quella seconda pelle che ti accompagna per tutta la vita. Quei colori legati a tanti ricordi, ad emozioni convissute con chi non c’è più, alle lacrime di gioia e a quelle di dolore. Fermandosi a raccogliere la sua maglia, Francisco “el cuervo” ha parlato al cuore di milioni di persone. Chiaramente e semplicemente, come è nel suo stile.

Adelante, Francisco “el cuervo”. Mentre in Italia viviamo una drammatica crisi economica e sociale aggravata dall’inquietante assenza di leadership politica e morale, tu impersoni la sintesi delle tre virtù teologali: la Fede, la Carità, e soprattutto la Speranza. Hasta el Domingo proximo. Per il nuovo incontro con mia madre e con Te.

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