E’ salito a tre il numero degli indagati per la morte della paracadutista siciliana Giovanna Melania La Mantia, 22 anni, caporale originaria di Trapani e in forza al 46/o Reggimento Trasmissioni di Palermo, che nel febbraio scorso perse la vita dopo un lancio sul piccolo aeroporto civile ‘La Spreta’, alle porte di Ravenna. Dopo il direttore di lancio, avvisato all’indomani dei fatti, la Procura ravennate ha iscritto sul registro degli indagati i nomi di due responsabili a terra di quel salto. I tre – come anticipato dalla stampa locale – sono tutti esperti di paracadutismo ai vertici di associazioni di settore delle province di Mantova, Modena e Rimini. Davanti al Pm Monica Gargiulo, titolare del fascicolo, nessuno dei tre – tutti accusati di omicidio colposo e difesi rispettivamente dagli avvocati Claudio Arria di Mantova, Antonio Franco Sarzi Amadè di Reggio Emilia e Luciano Pari di Rimini – ha per ora scelto di parlare. Le notifiche di avviso conclusione indagine dovrebbero partire a breve. La ragazza era morta il pomeriggio del 20 febbraio dopo essere finita al suo primo lancio – di tipo civile ma milite-assistito – nel laghetto di cava ‘Ca’ Bianca’, nei pressi dell’aeroporto ravennate. A farla finire oltre la zona utile di atterraggio, peraltro una delle più ampie d’Italia, era probabilmente stata una raffica di vento. Il cadavere era stato recuperato cinque giorni dopo dai sommozzatori, a vari metri di profondità. La giovane aveva ancora l’attrezzatura imbracata e il caschetto allacciato. Le perizie hanno stabilito che il paracadute funzionava bene e che la ventiduenne non aveva accusato alcun malore in aria: il decesso era cioè stato dovuto all’annegamento. I familiari della vittima avevano scelto di farsi tutelare dagli avvocati Michele Cavarretta e Sabina Bonfiglio, entrambi di Trapani.
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo