PALERMO – Ammazzano un capomafia, Frank Calì, a New York, e il rumore dei colpi di pistola si sente anche in Sicilia. Il magistrato di collegamento fra l’Italia e gli Stati Uniti si è subito attivato per acquisire informazioni. E’ alle indagini in corso in Sicilia che si guarda con la massima attenzione. Ci sono legami di parentela, affari in corso, viaggi programmati e saltati all’ultimo momento che vanno analizzati. Di certo Franky boy aveva contatti con le famiglie mafiose di Palermo, Trapani e Agrigento.
Innanzitutto ci sono i rapporti di parentela. La vittima aveva sposato Rosaria Inzerillo, sorella di Pietro, uno degli scappati in America durante a guerra di mafia voluta da corleonesi. Il 14 gennaio del 1982 un funzionario di Polizia del New Jersey ricevette una telefonata anonima. Una voce gli indicava di recarsi all’hotel Hilton di Mount Laurel perché c’era una bomba dentro una macchina. Ed invece nel portabagagli trovarono il cadavere congelato di Pietro Inzerillo, cognato di Frank Calì.
Negli anni gli Inzerillo sono rientrati nella borgata di Passo di Rigano, a Palermo, non senza fibrillazioni. Nel 1997 Francesco Inzerillo, detto u truttaturi, figlio di Pietro, fu espulso dagli Stati Uniti e rimpatriato forzatamente in Italia. Nel 2014 anche il cugino Tommaso è tornato a Palermo. Entrambi furono arrestati nel blitz Gotha del 2006. Francesco fu scarcerato nell’ottobre del 2011 e Tommaso nel novembre del 2013.
La stagione della fuga è ormai archiviata se è vero che Settimo Mineo, l’anziano boss di Pagliarelli che ha presieduto la nuova cupola di Cosa Nostra riunitasi lo scorso maggio, ha di recente incontrato i cugini Inzerillo. Come se non bastasse Mineo, due mesi prima che i carabinieri lo arrestassero, programmava un viaggio in America. Il 15 ottobre scorso le microspie lo hanno intercettato mentre parlava di un passaporto e chiedeva ad un agente di viaggio cosa servisse per ottenere il visto di ingresso negli Stati Uniti. Quali erano i suoi progetti? Voleva forse parlare con i boss americani della nuova Cosa Nostra del dopo Riina?
La verità è che Francesco Paolo Augusto Calì – questo il nome per esteso di Frank Calì – nato in America, ha sempre tenuto ben presenti le sue origini siciliane. Nel 2007 Frank Fappiano, collaboratore del Federal Bureau of Investigation, disse che già nel 1999 gli era stato presentate quale “wiseguy”, e cioè “uomo d’onore”. Nel 2003 un altro collaboratore, Micheal Di Leonardo, aggiunse di avere discusso con lui degli affari dei Gambino. Affari sporchi, come quelli della droga, e affari apparentemente leciti nella grande distribuzione e nell’import export di frutta. Si parte dalle coltivazioni nei terreni a cavallo fra le province di Agrigento e Trapani e si arriva negli Stati Uniti. Un business milionario che potrebbe avere creato profonde tensioni.
È ancora presto per capire se ci sia un collegamento fra le vicende della mafia siciliana e quelle che hanno portato all’omicidio di Frank Calì, crivellato di colpi davanti alla sua abitazione di Staten Island. Però è certo che l’America è meno lontano di quanto possa sembrare.
A New York è ormai detenuto da un anno e mezzo Ferdinando Freddy Gallina. Si era rifugiato in America e ormai è prossimo all’estradizione. In primo grado è arrivato il via libera al rientro in Italia. C’è chi trema perché teme che Gallina, su cui pende la pesantissima accusa di omicidio, possa decidere di collaborare con la giustizia. Gallina è stato un fedelissimo di Salvatore Lo Piccolo, il boss di San Lorenzo che sponsorizzava il rientro degli scappati oltreoceano.