Parla il pentito Giuseppe Laudani: |"Spampinato boss di Aci Catena" - Live Sicilia

Parla il pentito Giuseppe Laudani: |”Spampinato boss di Aci Catena”

Si chiude con il collaboratore ed ex reggente dei Mussi i Ficurinia la sfilata dei testi chiamati a deporre al processo sul caso di doppia lupara bianca in cui è imputato Rosario Grasso, titolare dell'Akis. E' accusato del duplice delitto di Francesco Grasso e Giuseppe Spampinato. (Nella foto la scena del crimine)

l'interrogatorio
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CATANIA – “Rosario Grasso era risaputo che era protetto dai Santapaola”. A parlare è il collaboratore di giustizia e ex reggente dei Mussi i Ficurinia, Giuseppe Laudani, interrogato nel processo sul duplice delitto di Giuseppe Spampinato e Francesco Grasso. I due sono scomparsi nel nulla il 21 febbraio del 2011. Alla sbarra Rosario Grasso, titolare dell’Akis, agriturismo dove sono stati uccisi i due personaggi vicini alla famiglia mafiosa dei Laudani.

L’imprenditore da anni pagava la protezione a Cosa Nostra. Grasso, secondo le dichiarazioni di Giuseppe Laudani “aveva rapporti diretti con Alfio Catania, di Aci Catena, ma appartenente al gruppo dei Santapaola della Civita”. Nel 2004 l’imputato avrebbe bussato alle porte dei Laudani: la famiglia di Nitto era finita in carcere e Rosario Grasso si era trovato senza cani da guardia. Il collaboratore di giustizia parla addirittura “di un incontro con Rosario Grasso”, ma l’allora Capomafia avrebbe preso tempo per riflettere sulla proposta. Togliere soldi ai Santapaola poteva significare “scontro aperto”.

Pippo Laudani fu arrestato e a quel punto Rosario Grasso restò sotto “la coperta” dei Santapaola. Ma con i vertici di Cosa nostra dietro le sbarre il titolare dell’Akis a corto di fondi finanziari chiese un prestito usuraio ai Mussi ri Ficurinia e si rivolse direttamente a Giuseppe Spampinato quello che, Giuseppe Laudani, definisce “il capo dei Mussi ad Aci Catena”. Rosario Grasso avrebbe ucciso dunque un uomo di vertice dei Laudani. E l’altra vittima, Francesco Grasso è il nipote di Pippo Grasso “Tistazza”, esponente di spicco della pericolosa famiglia della mafia militare catanese.

Che è l’Akis il luogo del duplice omicidio lo ha confermato (anche se in un secondo momento) lo stesso imputato. La ritrattazione è avvenuta quando Grasso si è trovato con le spalle al muro: i carabinieri e dei Ris utilizzarono nella scena del crimine il luminol che localizzò le tracce di sangue sparse tra le mattonelle del ristorante di Aci Sant’Antonio. “Sono stato minacciato dai killer” si è difeso in udienza Rosario Grasso durante la sua testimonianza.

Una versione che poco convince l’accusa: secondo la tesi della Procura Grasso avrebbe dato appuntamento ai due al suo agriturismo con la promessa di pagare una rata del prestito usuraio, ma all’incontro avrebbe fatto trovare a sorpresa personaggi dei Santapaola in modo da poter smettere di pagare il debito. Qualcosa avrebbe scatenato la lite degenerata nel delitto e poi nell’occultamento dei due cadaveri. Corpi mai ritrovati. L’interrogatorio di Giuseppe Laudani cristallizza due pilastri della ricostruzione della procura: primo che Rosario Grasso era protetto dai Santapoala e secondo che l’imprenditore pagava un prestito usuraio ai Laudani.

La difesa punta sulla seconda versione dell’imputato: e cioè che ad uccidere sarebbero state tre persone che sono entrate all’improvviso all’agriturismo, proprio quando Francesco Grasso e Giuseppe Spampinato stavano discutendo con l’imputato della restituzione di soldi. E inoltre apre un nuovo scenario sui motivi scatenanti del delitto, si punta sul possibile movente passionale, lontano dalla criminalità organizzata. Le ipotesi si muovono sulle presunte relazioni extraconiugali di Francesco Grasso.


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