PALERMO – “Don Puglisi? Non lo conoscevo anche se noi siamo di Brancaccio. Io frequentavo un’altra parrocchia e poi vivevamo fuori. So che è stato beatificato e visto che sono cattolica potete immaginarvi come prendo queste cose…”. A parlare su “L’Espresso” è Rosalia Galdi, detta “Bibiana”, moglie di Giuseppe Graviano, il boss cinquantenne di Brancaccio che insieme al fratello Filippo ordinò l’uccisione del sacerdote che voleva smuovere, sttraverso la sua attività, le coscienze di chi abitava nel quartiere. Il boss, in regime di carcere duro ormai da diciotto anni, viene ancora considerato dalla moglie “estraneo” alla vicenda.
“Noi quella sera non c’eravamo, mio marito era con me”, ha detto Rosalia Graviano, che non accetta di vederlo come il boss che ha ordinato quel delitto. Delitto che scosse un’intera città, la stessa che lo scorso 25 maggio si è riunita sotto il palco allestito al Foro Italico per la cerimonia di beatificazione. “Per queste cose dovete parlare con mio marito” – ha continuato Bibiana Galdi. La stessa donna indicata nei pizzini trovati all’interno dei beni sequestrati alla famiglia Graviano.
Un patrimonio che avrebbe permesso ai fratelli Graviano di mantenere economicamente le proprie mogli nonostante la detenzione in carcere. Servite e riverite, con quattromila euro l’uno, sia Rosalia che Francesca Graviano, che vivono entrambe a Palermo ormai da qualche anno. Rosalia Galdi non ha abbandonato il proprio quartiere, tornata a vivere insieme al figlio in città dopo una lunga permanenza a Roma, nel quartiere Tuscolano, continua a rimandare al marito di fronte alle domande su Padre Pino Puglisi: “Io sono la moglie e non posso parlare”.
Giuseppe Graviano, custode dei segreti sulla stagione delle stragi del ’92 e sugli attentati di Roma, Firenze e Milano, ma anche sulla trattativa Stato-mafia, ha sempre mantenuto il silenzio su quel patrimonio accumulato illegalmente. Ma Bibiana Galdi continuare a fare scudo per proteggere il marito: “So della sua estraneità, ne sono sicura”.