PALERMO – Al momento sono solo 29. Ma dovrebbero crescere nelle prossime settimane. Fino al 20 ottobre prossimo, quando si chiuderanno i termini per ammettere nuovi nomi. È nato l’albo unico dei lavoratori delle società partecipate in liquidazione. Uno strumento previsto dall’articolo 64 della Finanziaria-ter, e sbarcato in Gazzetta ufficiale lo scorso 19 agosto.
“È istituito presso l’Ufficio speciale delle società in liquidazione – si legge infatti nella legge di stabilità – l’albo dei dipendenti delle medesime società in liquidazione a totale o maggioritaria partecipazione regionale. Nel suddetto albo devono essere iscritti tutti i dipendenti attualmente in servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso le società in liquidazione, assunti prima del 31 dicembre 2009”.
Per il momento però, come detto, i nomi inclusi nell’elenco sono pochissimi. Nomi che non figurano, per ragioni di privacy, nella prima versione dell’albo pubblicato sul sito del dipartimento Finanze dell’assessorato all’Economia. Si tratta di un dipendente della Quarit, quindici della Ciem, quattro delle Terme di Sciacca e 9 di Lavoro Sicilia spa*. In quest’ultima azienda le uniche due eccezioni: assunzioni avvenute dopo il 2009: entrambi i dipendenti sono infatti stati assunti nel 2013 in seguito a una pronuncia del tribunale, che ha riconosciuto, in questi due casi, “la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 26.05.2008 per mansioni di segreteria”. Sentenze che hanno costretto anche la società a pagare le retribuzioni arretrate.
Tra i primi dipendenti a sbarcare nel bacino unico, ecco anche tre dirigenti. Uno di loro è il direttore generale di Ciem, come indica lo stesso prospetto dell’assessorato. E, al di là dell’annunciato tentativo di mantenere la privacy su quei nomi, è fin troppo semplice risalire a questo dirigente, che ha anche fatto ultimamente molto discutere per la “portata” della sua retribuzione: Antonino Giuffrè guadagna infatti la bellezza di 194 mila euro lordi all’anno. Per una società che, stando al dossier interno della task force regionale ha fatto costantemente segnare perdite d’esercizio negli ultimi anni. Nel 2012 il “rosso” ha superato il milione di euro.
A cosa servirà questo bacino? Molto semplice: le società partecipate “per sopperire ai propri fabbisogni di personale, – si legge sempre nell’articolo 64 della Finanziaria – dovranno attingere all’albo del personale nel rispetto dell’analisi del fabbisogno e della sostenibilità finanziaria”. Come detto, i nominativi del personale vanno trasferiti nell’elenco entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge: cioè dal 20 agosto scorso. Entro quella data, poi, le società partecipate dovranno trasmettere “all’Ufficio speciale delle società in liquidazione e alla Ragioneria generale della Regione un’integrazione” al piano di riordino delle aziende, “con la individuazione del numero dei soggetti inserito nell’albo che, in base ai rispettivi fabbisogni e nei limiti finanziari previsti nei propri bilanci, intendono assumere. La predisposizione dei predetti piani deve essere effettuata nel rispetto dei limiti e dei vincoli finanziari previsti dalla vigente legislazione”.
A dire il vero, un termine nel frattempo sarebbe già scaduto. Entro un mese dall’entrata in vigore della legge di stabilità, infatti, le società avrebbero dovuto adempiere alle norme di spending review. Quelle, insomma, che fissano il tetto agli stipendi. Ma non solo. Anche alle delibere di giunta che prevedono ulteriori riduzioni di spesa. Un taglio di cui si è interessato anche recentemente la “task force” voluta da Crocetta. Le norme in questione sono in particolare la Finanziaria del 2010 e una delibera della giunta “della rivoluzione”, datata fine 2012. La prima, fissava i tetti massimi di stipendio in 50 mila euro per gli amministratori e in 25 mila euro per i componenti del cda. L’intervento del governo Crocetta, invece, disponeva un ulteriore riduzione del 20%.
Si sono attenute le società a queste limitazioni? Dalla Regioneria generale fanno sapere solo di avere “inviato una ulteriore comunicazione per ricordare di intervenire nel rispetto di quelle norme”. Insomma, la Regione “ricorda” alle società regionali, che la legge va rispettata. Se ciò sia avvenuto o meno, anche dalla Ragioneria al momento, poche notizie: “Stanno affluendo le risposte delle aziende”, fanno sapere. A dire il vero, le “risposte” avrebbero anche effetti immediati. La Finanziaria, infatti, sancisce la mancata ottemperanza a quelle norme comporterebbe la decadenza dell’incarico.
Ma qualche risposta ufficiale, in realtà, esiste già. Ed è rintracciabile sul sito ufficiale della Regione siciliana, nella sezione “trasparenza”, aggiornata al marzo scorso, e anche nel dossier consegnato a Crocetta dalla task force istituita proprio per ispezionare le partecipate. E qualche anomalie, da quelle “pagine ufficiali” in realtà emerge. È il caso dell’Ast, ad esempio. Lì, stando al sito della Regione, l’intero cda si assicura compensi da 50 mila euro lordi a testa. Si tratta del presidente Dario Lo Bosco, del vicepresidente Stefano Polizzotto e del consigliere Rosario Carlino. A dire il vero, dal dossier consegnato a Crocetta emergono cifre diverse. E un taglio “fai da te”. Un verbale dell’azienda, risalente al 26 febbraio scorso, infatti, avrebbe fissato i limiti per quei compensi a 25 mila euro, per poi ridurli del 10%. Invece che del 20%, come disciplina la delibera di Crocetta.
E qualche dubbio arriva anche da Sicilia e-Servizi, guidata dall’ex pm Antonio Ingroia. A dire il vero, l’amministratore unico della società ha precisato proprio a Live Sicilia, che “è vero, non abbiamo adempiuto alla riduzione del 20%, ma solo perché ci siamo spinti fino al 60%! E questo fin dal 2013”. Ovviamente, bisognerà fidarsi. Perché anche in questo caso, i numeri diffusi dalla Regione dicono altro. Cioè che l’amministratore Ingroia continua a guadagnare 50 mila euro, in barba al taglio deciso da Crocetta (che non riguarda il “monte stipendi” di una società ma i singoli compensi). Bisognerà fidarsi, insomma. Perché anche la task force voluta dal governatore, riferendosi a Sicilia e-Servizi, mette nero su bianco che, riguardo al taglio degli stipendi, “Non risultano agli atti documenti che comportino l’assolvimento a tale prescrizione”.
* Avevamo inizialmente fatto erroneamente riferimento a Italia Lavoro spa al posto di Lavoro Sicilia spa. Ci scusiamo per l’imperfezione con i lettori e i diretti interessati.