Probabilmente sarà l’ultima volta che li vedremo seduti tutti assieme a fumare il calumet della pace. Almeno loro. Miracolo di Enrico Letta (segretario nazionale del Pd) e di Caterina Chinnici (candidata progressista alla presidenza della regione siciliana). Ad accogliere l’ex presidente del consiglio, nella gradevole seppur ristretta cornice medievale della cappella Bonajuto, c’erano ieri tutti i colonnelli di un esercito senza generale.
Perché – fuor di metafora – la segreteria provinciale catanese è vacante dal giorno in cui Angelo Villari ha deciso di recidere una storia politica lunghissima per approdare in zona Cateno De Luca. Un dettaglio non da poco e destinato ad essere risolto all’indomani del prossimo 25 settembre. Insieme ad altri dossier scottanti, ovviamente. Intanto è Anthony Barbagallo a mettere una pezza, anche organizzativa su Catania città.
L’election day sarà una giornata spartiacque. Alla quale il Pd (sia romano che siciliano) arriverà fra troppi interrogativi che nessuno si augura debbano tramutarsi in rimpianti. “Il voltafaccia del M5s in Sicilia”, così come lo ha definito Letta incontrando i giornalisti catanesi, fa comunque il paio con la scelta di aver voluto rompere con Giuseppe Conte all’indomani della caduta del governo Draghi.
Una scelta politica che si accompagna alla deflagrazione repentina dell’accordo siglato con Carlo Calenda. E c’è già chi aspetta il segretario dem al varco. Perché Letta potrebbe essere la prima vittima eccellente qualora il Pd non riuscisse a riagguantare le percentuali di Meloni.
Anche Barbagallo, che in Sicilia aveva puntato tutto sul M5s di Giancarlo Cancelleri, potrebbe essere messo in discussione se le performance di Chinnici e del Pd non saranno all’altezza della tradizione dem. Forse quella discussione è già in corso, iniziata in concomitanza della chiusura delle liste. Ma il momento è cruciale e c’è da portare a termine una campagna elettorale che potrebbe dire tanto anche sui prossimi equilibri interni del partito catanese.
Il match delle Regionali sarà infatti il primo test dove far pesare, in termini di voti, i maggiorenti etnei del partito. Una sorta di congresso a cielo aperto che potrebbe anticipare quello da convocare quanto prima in via ufficiale. Una sfida che vede in Antony Barbagallo (che contestualmente concorrerà anche per Roma) l’uomo da battere. Non solo per motivi interni, ma anche per le ovvie ragioni di seggio.
A tallonarlo ci sarà Giovanni Burtone, che da navigato esponente della Margherita potrebbe incassare il sostegno del vecchio gruppo dirigente democratico. Ed Ersilia Severino, presidente dell’Assemblea provinciale. Ma attenzione anche al risultato di Mario Maugeri, sostenuto dalla Cgil di Alfio Mannino, e Massimo Ferrante, vicino a quel volontariato cattolico che si rivede in Emiliano Abramo e nella Comunità di Sant’Egidio.
La candidatura di quest’ultimo alla Camera, come ha già evidenziato Anthony Barbagallo, vale quanto le prove generali prima delle prossime Amministrative catanesi. Se così fosse, anche Enzo Bianco, che non ha mai nascosto la disponibilità a concorrere nuovamente per Palazzo degli Elefanti, sarebbe chiamato a un colpo di reni in zona Cesarini. Intanto, vederli seduti in prima fila – quasi l’uno accanto all’altro – ad ascoltare le parole di Enrico Letta, fra qualche mese potrà apparire una immagine indecifrabile.