Il Pd in vista del congresso | Grasso: "Unità di facciata" - Live Sicilia

Il Pd in vista del congresso | Grasso: “Unità di facciata”

Intervista con il candidato alla segretaria etnea del Pd per l'area "civatiana", Domenico Grasso: "La mia è una discesa in campo contro i poteri forti del partito. Il rinnovamento di Renzi? A Catania non c'è", spiega.

CATANIA. Domenico Grasso, 57 anni, docente di economia agraria è candidato alla segretaria provinciale del Partito Democratico. Nativo di Linguaglossa (dove è stato presidente dell’assise comunale) e riferimento dell’area legata a Giuseppe Civati, se la vedrà con l’uscente Enzo Napoli. Parecchio critico nei confronti dell’attuale gruppo dirigente etneo, Grasso non le manda certo a dire e bolla come “di facciata” la ritrovata unità all’interno di un Pd che entro il prossimo 10 febbraio eleggerà il suo segretario provinciale.

Partiamo dal principio: che significa questa candidatura?

“E’ una candidatura che nasce dall’esigenza di smascherare questa falsa unità che c’è all’interno del partito”.

Beh, che il Pd sia diviso in diverse anime lo si sa.

“Certo. Ma non creda che i veleni che ci siamo portati dappresso dal recente congresso provinciale, siano stati appianati. Io, allora, ero nella commissione provinciale del congresso e credo di essere stato uno degli artefici delle denunce sui pacchetti di tessere fatte sottoscrivere dal partito. Ho fatto anche ricorso su questa vicenda”.

Ed allora, oggi come si arriva al congresso?

“La nostra linea è chiara: al primo posto ci sono le regole. E questa unità di facciata non la digeriamo proprio. Le dirò: è anche molto ipocrita perchè che tutti possano convergere su un’unica candidatura, ed attenzione io non giudico la persona, mi sembra fuorviante. Perdipiù si tratta di una candidatura che è estranea al tessuto catanese, visto che proviene dall’agrigentino”.

Credo che alla fine valgano i contenuti.

“Quella della candidatura del mio competitor è una scelta sulla quale noi non siamo stati coinvolti. Mentre da una parte c’è una scelta che è stata voluta dai poteri forti, la nostra è una candidatura libera. Vogliamo dare la possibilità a chi è iscritto di contare”.

In che modo?

“Noi ci mettiamo la faccia senza nasconderci. Guardi che non è bello sentirsi dire da chi vive il territorio, da chi è militante del partito, sentirsi riportare che quello che succede a Palermo è giustamente inaccettabile: alludo, ad esempio, alla vicenda legata ai rimborsi economici”.

Non le sembra che siano troppe le anime che reggono le sorti del Pd a Catania?

“Certamente. Abbiamo Enzo Bianco, la Cgil e buona parte dell’area cuperliana, Giuseppe Berretta e poi tutti i deputati regionali. Noi, in tutto questo, vediamo un rinnovamento che non c’è. Non scordiamoci che alle Primarie per l’area Renzi come capolista c’erano Bianco e Burtone che non mi sembrano proprio dei nuovi. Io sono stato eletto all’assemblea nazionale del partito ed avvertivo un clima di cambiamento: a Catania l’aria di rinnovamento non si avverte proprio”.

La sua resta una candidatura minoritaria.

“Ne sono consapevole. Ritengo, però, che chi vuole cambiare il partito deve prima tutto metterci la faccia ed io confido molto nell’intelligenza della base. La classe dirigente del partito a Catania oggi resta a fare melina a centrocampo: e non credo che sia un bello spettacolo”.


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