PALERMO – “Per anni la Sicilia ha goduto di norme sulle pensioni certamente vantaggiose rispetto a quelle che disciplinano le pensioni statali. Ma oggi non è più così”. Il direttore generale del Fondo Pensioni Rosolino Greco è dirigente esperto. E ne ha viste di tutti i colori. Da qualche anno è il “motore” dell’ente che gestisce il trattamento pensionistico degli ex dipendenti della Regione. Oggi sono oltre sedicimila.
“Già dal 2003 – spiega Greco – c’è stata una inversione di tendenza che ha limitato di molto un aspetto che rendeva le pensioni siciliane ‘vantaggiose’ rispetto al resto d’Italia: si è abbandonato infatti il ricorso al calcolo sulla base del sistema retributivo, passando al contributivo. Ma non solo”.
Di “passi di avvicinamento” verso le pensioni erogate nel resto d’Italia, infatti, ne sarebbero stati compiuti molti. Fino “al 2015 quando, -prosegue Greco – grazie alla Finanziaria regionale, possiamo dire che il sistema pensionistico siciliano è del tutto equiparato a quello nazionale”.
La norma, ricorda Greco, consente anche i prepensionamenti. Ossia alla fuoriuscita di quei dipendenti che fino al 2020 avevano i requisiti della cosiddetta “norma pre-Fornero”. Ma non solo. “Il calcolo della pensione – precisa Greco – non si baserà più sull’ultimo reddito, ma sarà il frutto della media degli ultimi cinque anni di redditi. Ma in questi anni – prosegue – abbiamo eliminato altre sacche di privilegio. Tra cui quelle che riguardano le pensioni di reversibilità”. Già, perché anche in questo la Sicilia era speciale. Mentre, infatti, nel resto d’Italia, oltre al proprio stipendio o alla propria pensione, si può cumulare solo il 60 per cento della pensione di reversibilità (dovuto alla scomparsa, appunto, di un congiunto), nell’Isola fino a poco tempo la quota “cumulabile” era dell’80 per cento. “Ma anche in questo caso – dice Greco – abbiamo riallineato la norma regionale a quella nazionale”.
E ancora, nel triennio compreso tra il 2014 e il 2016, “sono stati inseriti i tetti a stipendi e pensioni – spiega Greco – a 160 mila euro. Questo ha comportato il taglio delle pensioni che superavano questa asticella”. E intanto, procedono i prepensionamenti che dovrebbero portare fuori dalla Regione, entro il 2020, qualcosa come 4.500 persone. “Ma a quel punto – spiega Greco – serviranno nuovi innesti. Già oggi la Sicilia ha la burocrazia più vecchia d’Italia. Servono forze fresche, insomma, cinquecento, mille giovani che portino nuove professionalità e nuova energia – conclude – a quello che è il vero motore della Regione”.