CATANIA – Immediate le reazioni politiche al Piano di riequilibrio rimodulato. Il Movimento 5 Stelle, che oggi sarà in piazza con “Catania a 5 Stelle, i primi mille passi, le ragioni del No”, con i deputati nazionali e regionali, per parlare di referendum ma anche per denunciare “l’assenza di trasparenza nel bilancio finanziario del Comune”. Sotto accusa dei pentastellati. proprio il piano di riequilibrio e alcune lacunosità. “E’ un colabrodo, fa acqua da tutte le parti” – afferma il volantino dove vengono elencate le maggiori criticità: enorme passività, assenza dei debiti delle società partecipate (che ammonterebbero a 104 milioni di euro) e l’aumento della voce relativa alle indennità di sindaco, giunta e consiglieri, di circa 700 mila euro.
Per questo i deputati chiedono di conoscere l’ammontare delle passività delle partecipate, in particolare Sidra e Amt, oltre l’ammontare del credito Iva che non sarebbe stato conteggiato e che potrebbe essere utilizzato per compensare i debiti con Riscossione Sicilia. E soprattutto invocano un’ispezione da parte della Ragioneria generale dello Stato, “per verificare l’intera gestione amministrativa-contabile”.
Stesso discorso lo fa Kataneconomie che in un comunicato scrive, tra le altre cose: “il nuovo piano di riequilibrio predisposto ha incolmabili lacune in merito all’esatto importo dei crediti e debiti delle partecipate, ancora oggi non risultano depositate parecchie assevererazioni dei rispettivi collegi dei revisori dei conti del Comune di Catania e delle partecipate”.
Di “enorme imbroglio ai danni dell’intera città, privata delle sue risorse e comunque trascinata verso il dissesto”, parla invece Catania bene Comune. “Dire che le risorse necessarie a ripianare il debito pubblico e lo squilibrio strutturale di bilancio verranno prese dalla svendita del patrimonio pubblico (già pignorato e, nonostante in vendita, mai venduto negli ultimi decenni), dalla lotta all’evasione fiscale (evasione cresciuta proprio in questi ultimi anni di amministrazione Bianco), dalle partecipate che diventeranno redditizie per il Comune (secondo i dati forniti dal vice presidente del Consiglio Comunale perdono attualmente milioni di euro l’anno) – scrive il movimento – prendere in giro un’intera comunità, con questi unici obiettivi: svendere a qualche amico il patrimonio pubblico, liquidare opportunisticamente qualche debito fuori bilancio, non restare col cerino in mano e lasciare alla prossima amministrazione l’onere della dichiarazione del dissesto”.
Che non esclude, il movimento, considerando che “un piano di rientro lacrime e sangue per i prossimi decenni fa più danni della dichiarazione di dissesto”,e si scaglia in particolare contro il piano di alienazione degli immobili. “Tra i beni storici della città in vendita anche le antiche masserie presenti a Librino e San Giorgio: masseria Carcaci, masseria Bummacaro, masseria San Giorgio, masseria Moncada, l’ex villa De Stefani, Casa Castagnola, masseria Bicocca – scrive in un comunicato. Clamorosamente messo in vendita il Teatro Coppola, non solo primo storico teatro di Catania, ma luogo che da anni, occupato e autogestito, ospita tra le più vivaci attività culturali della città. Per acquistare quell’area e privare la città di questa esperienza, agli speculatori, magari amici di Sindaco e Assessori, basteranno 240mila euro. Nonostante le ristrutturazioni e le attività sociali che accoglie – aggiunge – la Giunta Bianco ha deciso di vendere per 441mila euro Villa Fazio a Librino”.
Parla di svendita, Catania bene Comune: “l’intera somma ricavabile dalle vendite degli immobili è di 47 milioni, solo il 5% dell’intero piano di rientro. Per Bianco e i suoi Assessori mettere in vendita questi immobili ha due finalità: tentare virtualmente di far quadrare il bilancio per ritardare il dissesto a dopo le elezioni e permettere a qualche “amico” di speculare sul patrimonio pubblico, impossessandosi per cifre ridicole di beni di altissimo valore storico e sociale. Non possiamo permetterlo – conclude: Catania non si vende!”.