PALERMO – Sburocratizzazione. Una parola complicata, per provare a semplificare le cose. Eppure, così diffusa nei discorsi da campagna elettorale degli aspiranti governatori. “Sburocratizziamo”, hanno detto tutti. Dagli sconfitti al vincitore, Rosario Crocetta. Anche per lui, come per gli altri, la burocrazia regionale dovrà muoversi diversamente, e sottoporsi a una massiccia cura dimagrante. Già, perché insieme alla parola complicata che semplifica le cose, ecco l’altro tormentone. Serve una burocrazia “snella”, “agile”. E mentre tutti sono sembrati pronti a plaudire alla nuova crociata della politica, in tanti, siamo sicuri, si saranno chiesti: “Che significa ‘sburocratizzare’? Che significa avere una burocrazia ‘snella’?”. Che significa?
Vi risparmiamo, in questa sede, trattati sociologici o ipotesi di riorganizzazione delle strutture regionali. E invece, vi proponiamo un esempio. Di come la burocrazia, a volte, possa complicarsi la vita. Aggiungendo orpelli e decorazioni ad atti di per sé complessi e lunghi. A “burocratizzare” ulteriormente, qualcosa che è già pesante di suo. Come le circolari dei dirigenti generali della Regione siciliana.
Una, per esempio, è stata diramata nel 2010. Ed è, lo ripetiamo, solo un esempio, preso a caso tra le decine di documenti simili che da anni (non ci riferiamo nemmeno, in maniera esclusiva, alla scorsa legislatura), circolano (è proprio il caso di dirlo), tra i corridoi e le scrivanie degli uffici regionali.
La circolare porta la firma in calce del dirigente generale del dipartimento dei Beni culturali e dell’identità siciliana Gesualdo Campo. E l’oggetto incute un po’ di timore: “Avvio dell’organizzazione essenziale delle strutture intermedie del Dipartimento”. In pratica, il testo interveniva sulla riorganizzazione delle Soprintendenze e dei poli museali, fornendo alcune fondamentali “chiarificazioni”.
Ecco, il paragrafo delle “chiarificazioni” si apre facendo riferimento all’articolo 97 della Costituzione che stabilisce come gli uffici debbano essere “preordinati dalla legge”. E fin qui, il passaggio è dovuto. A un certo punto, però, la circolare vira in territori altrui. Che dovrebbero, forse, essere incontaminati per un testo burocratico. Si svolta, insomma, verso un capitolo che incrocia storia e folklore, tradizioni e “identità”. Già, l’identità. “Il simbolo della nostra isola, – scrive Campo – nel vessillo e nella carta intestata della Regione, è la Trinacria, le cui gambe rappresentano i tre fiumi Imera, Salso e Simeto che la dividono nei tre valli Demone, di Mazara e di Noto, conclusi dai tre capo, Leloro Passero e Boeo, con i tre sistemi montuosi Peloritani-Nebrodi, Madonie-Sicani ed Erei-Iblei, e i tre arcipelaghi delle Eolie, delle Egadi e delle Pelagie”.
Un immaginifico salto, insomma, dalla bandiera alla carta geografica, per descrivere un “sistema geomorfologico nell’umana esperienza imperituro, ben prima e ben dopo la millenaria ripartizione amministrativa risalente alla dominazione araba”, fino ad arrivare al Regno delle due Sicilie “con l’insulare subalterna alla peninsulare e privata della Costituzione del 1812, dei propri ordinamenti, di ogni protagonismo scientifico e disciplinare e, finanche, della propria memoria”.
La memoria. La circolare, in effetti, appare quasi un tentativo di recuperarla, la memoria. Di fissarla persino sul grigiore di un atto amministrativo. “Limitando l’esemplificazione alle origini delle competenze cui codesto Dipartimento, attraverso codeste strutture, è deputato, – precisa però Campo – era stato, infatti, il Regno di Sicilia a emanare nel 1745 i primi provvedimenti, dalla bolla di Pio II ‘Cum almam nostram urbem’ del 1462”. Insomma, per chiarire come vanno organizzate le strutture del dipartimento, ecco che torna buono anche il riferimento a una bolla papale di metà del quindicesimo secolo. Quando ancora l’America non esisteva. E poi, via via ecco sfilare sotto il naso dei dirigenti ai quali è stata inviata la circolare anche i castagni del bosco di Carpineto, l’Ordine per la conservazione degli “Edifizii della città di Taormina”, il principe di Biscari Ignazio Paternò Castello V e quello di Torremuzza (nonché marchese di Motta d’Affermo, per cairtà…) Gabriele Lancillotto Castelli.
Nel frattempo, però, l’America era stata scoperta. E il nuovomondo fu subito foriero di novità, fissate nella circolare della Regione: “La prima area naturalistica protetta al mondo a iniziativa istituzionale – si legge – è considerato il Parco di Yellowstone, istituito dagli Stati Uniti d’America nel 1871 sulle Montagne Rocciose a cavallo tra Wyoming, Montana e Idaho”. Già, siamo sulle Montagne Rocciose. I Nebrodi, per un attimo, sono lontani migliaia e migliaia di chilometri. Ma La Sicilia tornerà a far capolino in chiusura di paragrafo, con la dichiarazione dell’Unesco del 2002 che ha inserito nel Patrimonio dell’Umanità il tardo barocco di otto città del Val di Noto, divise in tre province, e oggi “in tre soprintendenze, di comuni radici sicule e magno greche”. Insomma, alla fine del paragrafo “chiarificazioni” è davvero tutto chiaro: la burocrazia deve iniziare davvero una cura dimagrante. A cominciare, forse, dalle… circolari.