PALERMO – Dieci mila euro pagati in due tranches. La prima consegnata nel sottoscala del comune di Corleone e la seconda nella villa comunale. È una delle tante storie di pizzo scoperte dagli investigatori che stamani hanno arrestato dodici persone.
Una storia di pizzo, ma anche di ribellione perché finalmente a Corleone e dintorni c’è chi denuncia. Alcuni lo hanno fatto spontaneamente, altri solo perché messi con le spalle al muro. Poco importa. È lo stesso comandante provinciale dei carabinieri Giuseppe De Riggi a sottolineare l’importanza di non fare distinzioni. Quello che conta è che lontano dalla città dove l’emancipazione dal racket è più forte, grazie anche al contributo di Addiopizzo, sia stato infranto il muro di omertà e paura.
Uno degli appalti che fecero gola alla mafia di Corleone fu quello per la realizzazione della nuova zona di insediamenti produttivi. Ad occuparsi della ‘messa a posto’ sarebbe stato Antonino Di Marco, che nascondeva il suo ruolo di mafioso dietro l’incarico pulito di custode del campo sportivo.
“Di Marco con la scusa di offrirmi un caffè, mi portò nel sottoscala del comune di Corleone – ha raccontato l’imprenditore – dove vi era una macchinetta del caffè… mi disse ‘vedi che qua ci sono io, per qualsiasi problema ci sono io”. E mentre lo diceva “mi faceva il segno dei soldi sfregando le dita”. Di Marco era stato piuttosto chiaro: “Per tutto Corleone comando io, tutto quello che c’è ci sono io”.
L’imprenditore “impaurito e preso alla sprovvista”, accettò la protezione del clan. Di disse disponibile a fare un regalo, ma senza eccedere. Era un periodo di ristrette economiche e propose un regalo di 5.000 euro: “Di Marco si lamentò dicendomi che sembravano pochi. Io risposi che avrei cercato di fare il possibile”.
E si arrivò al primo pagamento: “Nel luglio 2007, sempre nell’ingresso del comune, esattamente nel sottoscala, consegnai la somma di euro 5.000 in contanti. Il Di Marco li prese e se li mise in tasca e senza contarli mi chiese quanto fossero. Io con le dita della mano gli indicai il numero cinque, dicendogli che di più non avrei potuto dare”.
Non bastavano e così l’imprenditore si impegnò, a lavori ultimati, a dare “un altro pensiero”. Da lì in poi, Di Marco non si sarebbe più scrollato di dosso la pressione dell’imprenditore. Lo avrebbe pure accompagnato “al genio civile a Palermo, in qualità di dipendente Comunale, per sbrigare alcune pratiche relative al lavoro che stavo eseguendo”.
Alla fine “intimorito di eventuali ritorsioni o danni alla mia persona o all’impresa, che questi potesse causarmi consegnai la somma in denaro di euro 5.000, sempre in contanti. La consegna avvenne “all’interno della villa comunale di Corleone, dove il Di Marco mi diede appuntamento”.