PALERMO – Si presentò negli uffici della ditta e pretese di essere assunto. Gli bastò dire che era mandato dagli “amici, quelli della zona”. Enrico Scalavino divenne così magazziniere. Una forma di pizzo che si aggiungeva ai mille euro da sborsare a Pasqua e a Natale. Fino a quando il titolare decise di farla finita, denunciando tutto ai carabinieri. Stessa cosa hanno fatto altri due commercianti.
Un nuovo ordine di arresto raggiunge in carcere, oltre a Scalavino, anche Filippo Annatelli e Santo Dell’Oglio. Sono tutti detenuti perché già inquadrati dai carabinieri nel mandamento mafioso di Pagliarelli. Le attività taglieggiate – un negozio di mobili e uno di detersivi, un bar e un deposito di materiale edile – ricadono tutti nella zona compresa fra corso Calatafimi e viale Regione siciliana. La richiesta di arresto è del pubblico ministero Francesca Mazzocco ed è stata firmata dal giudice per le indagini preliminari Nicola Aiello.
I carabinieri del Reparto operativo, guidati dal colonnello Salvatore Altavilla, e quelli del Nucleo investigativo dal maggiore Antonio Coppola, sono andati a ritroso nel tempo. Gli episodi di estorsione sono avvenuti fra il 2000 e il 2004. Il modus operandi dei mafiosi, allora come oggi, è rimasto lo stesso.
Così racconta una delle vittime: “Mi ricordo che nel 2000 una persona si è presentata dicendomi che dovevo sostenere i carcerati, bisognava versare una quota di denaro che stabilivano in 2 milioni di lire, da versare a Pasqua e a Natale. Ricordo che la persona si era presentata a nome di quelli della zona”. “Circa sette anni fa presso il mio negozio venne Filippo Annatelli – aggiunge il titolare del mobilificio – il quale mi venne a chiedere se potevo fare o meno uno sconto per la vendita di mobili fatti ad un suo parente o conoscente. Dopo un paio di mesi ritornò e facendo riferimento al fatto che c’erano delle persone carcerate che dovevano essere economicamente sostenute, mi chiedeva di contribuire con delle somme di denaro. Ricordo che inizialmente ho iniziato a versare circa 200 mila lire per due, tre volte l’anno, divenuta poi 200 euro.
Annatelli è il genero del capomafia Michele Armanno che durante la sua prima parentesi carceraria – in cella c’è tornato l’anno scorso – lo aveva incaricato di gestire la cassa del mandamento. Annatelli si è fatto pure un anno di latitanza prima di essere arrestato nel 2009 in una casa di Borgo Molara. I soldi del pizzo gli servivano anche per pagare lo stipendio di boss e picciotti. Uno spaccato dell’organizzazione economica del mandamento lo ha fornito il collaboratore di giustizia Angelo Casano, affiliato al clan fino al 2008, anno in cui ha scelto di pentirsi. “Perché c’è il discorso mantenimento carcerati. Allora cosa avviene? – ha messo a verbale Casano -, che a differenza degli altri detenuti, come per dire io che prendevo 750 euro al mese, o gli altri che prendevano 5… e via dicendo, Michele Armanno, mensilmente riceve 2500 euro, essendo che è capo famiglia e via dicendo. Comunque, riceve 2.500 euro. Allora cosa avviene? Che queste entrate mensili delle 500 euro, delle 300, si vanno, si vanno a sommare con il clandestino. Il gioco clandestino”.
Le scommesse clandestine sono una fonte di guadagno per le famiglie mafiose assieme ai videopoker piazzati nei bar. Il titolare di uno di questi ha raccontato che “si presentò Enrico Scalavino, accompagnato da Santo dell’Oglio, i quali mi chiesero per il mantenimento dei detenuti 500.000 lire in occasione delle festività natalizie e pasquali”. Lo stesso Scalavino gli aggiunse che “per avere installato le macchinette” doveva contribuire “al mantenimento dei carcerati con un versamento di tre milioni a Pasqua e tre milioni a Natale”.