Mentre in Francia il Parlamento inserisce il diritto di aborto tra quelli garantiti dalla Costituzione ed il Parlamento europeo vota a favore dell’inserimento dell’interruzione di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, nel nostro Paese si marcia in direzione ostinatamente contraria.
L’emendamento di Malagoli
Porta la firma di un uomo – l’on. Malagoli di FdI – l’emendamento che usa impropriamente il Pnrr per introdurre un tema che con l’impianto del Pnrr ed i suoi target non c’entra nulla. Un emendamento che punta a ricondurre l’emendamento di ‘legittimazione’ delle associazioni pro-vita dentro i consultori, facendolo passare come riorganizzazione dei servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6.
Senza intervenire sulla vera problematica dei consultori, cioè la mancanza di personale medico e paramedico e la non omogenea distribuzione sul territorio. Questo si, sarebbe stato un intervento congruo con la missione Salute del Pnrr e con gli obiettivi di riduzione dei divari che devono guidare il Pnrr. Un intervento che rientrerebbe a pieno titolo nella componente dedicata a rinforzare la medicina territoriale.
L’onere di decidere passa alle Regioni
L’emendamento approvato – non senza dissensi da parte della stessa maggioranza di governo – sposta peraltro dallo Stato (così come previsto dalla legge 194, art. 2) alle Regioni l’onere di decidere, avviando così una pseudo autonomia differenziata anche sulle scelte che incidono sul diritto di libertà ed autodeterminazione.
Con il risultato che finiremmo per avere Regioni con le associazioni pro-vita nei consultori e Regioni (come la Sardegna che si è già pronunciata a sfavore) in cui i consultori resteranno luoghi in cui il focus prevalente è dedicato alla prevenzione e all’educazione delle giovani donne ad un maternità consapevole.
La “penalizzazione” dei consultori
L’emendamento va in direzione opposta alla volontà di valorizzare e potenziare il ruolo dei consultori anche nel sostegno alle maternità difficili, ed a tutto il tema dell’educazione alla scelta che resta comunque la parte centrale dell’imprescindibile diritto delle donne a decidere per sé.
E’ un emendamento che va contro le donne e tutte le battaglie di emancipazione. Perché nessuna donna “sceglie” di restare incinta per abortire. Quello che le donne chiedono è di poter scegliere e di essere assistite nelle strutture pubbliche laddove devono fare questa difficile scelta, conseguenza di tante altre scelte che non abbiamo consentito loro di fare.
La cultura patriarcale
Se funzionasse tutta la rete di informazione e prevenzione, i numeri di aborti sarebbe minimo perché sarebbe radicata una cultura informata della maternità. La cultura patriarcale ha invece da sempre delegato la donne a gestire questa scelta all’interno di regole decise da uomini.
Ed è questo che risuona davvero atipico: che sia un uomo a presentare un emendamento che entra a gamba tesa sulle dinamiche emotive delle donne. Dimenticando che la scelta di abortire è sempre dolorosa e porta nella donna che sceglie ferite inguaribili per tutta la vita.
Risuona come assurdo che nella principale TV nazionale a dibatterne sia un panel composto di soli uomini, senza preoccuparsi di sentire la prospettiva delle donne, che sono le destinatarie.
Nessun richiamo alla IVG farmacologica
In tema di interruzione volontaria della gravidanza, non si trova inoltre nel Pnrr nessun richiamo alle procedure di accesso alla IVG farmacologica, oggi ancora fortemente ostacolato anche per garantire la libertà di autocoscienza dei medici. Quindi, il diritto alla scelta dei medici viene garantita, mentre alle donne viene dato una sorta di tutore della scelta di non abortire?
Potenziare i consultori e renderli compiutamente operativi ridurrebbe il rischio per la salute delle donne e produrrebbe un notevole risparmio di risorse per il nostro sistema sanitario.
La strumentalità ideologica dell’operazione risalta anche nel fatto che la parola consultori viene introdotta nel Pnrr solo in relazione all’abilitazione delle associazioni pro-vita. Nessuna attenzione invece alla medicina di genere e a tutti gli altri compiti svolti dai consultori, nell’ottica della prevenzione e della promozione della salute pubblica e dell’empowerment di cittadine e cittadini.
L’obiettivo della Missione Salute
La Missione Salute dovrebbe servire a ridisegnare la rete di assistenza sanitaria territoriale, per una sanità che sia davvero vicina e prossima alle persone. Il tema che deve essere messo al centro del Pnrr è quello dell’appropriatezza delle prestazioni e della medicina di genere. Tema, quest’ultimo, su cui invece si stanno facendo grandi passi indietro, dal momento che nel nuovo cda dell’Agenzia italiana per il Farmaco (AIFA) non è presente nessuna donna a portare la indispensabile prospettiva di genere.
La perplessità del ministro
Quello che ha fatto indispettire anche il Ministro Fitto è l’utilizzo del Pnrr come contenitore per proporre articoli di legge che non c’entrano nulla. E questo non è il certo l’unico.
A quale target, per esempio, rispondono i 600mila euro previsti (metà per ciascuno) per aumentare gli staff dei Ministri Lollobrigida e Schillaci? Senza peraltro passare da una qualche selezione pubblica ma rimpinguati per ‘chiamata diretta’?
Lo vogliamo ribadire: si chiama Piano di Ripresa e Resilienza, ma la resilienza non deve essere intesa come resistenza ideologica. Come invito a tornare indietro. Nei diritti e nelle libertà.
*l’autrice è responsabile Pnrr del Pd Sicilia