“Il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila (nel Centro-Nord sono 470 mila)”. Così la Svimez che parla “di sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici nelle aree periferiche”. E definisce “preoccupante la crescita del fenomeno dei ‘working poors'”, ovvero del “lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all’esplosione del part time involontario”.
“Ancora oggi al cittadino del Sud mancano (o sono carenti) diritti fondamentali” dalla sicurezza all’istruzione, afferma sempre la Svimez nelle anticipazioni al Rapporto 2018. In particolare, sottolinea, si fanno sentire i “divari” nei servizi pubblici rispetto al resto del Paese. È ciò accade anche nel campo sanitario. L’associazione per lo sviluppo del Sud mette, infatti, l’accento sul fenomeno della “povertà sanitaria”. Fenomeno per cui, si spiega, “sempre più frequentemente l’insorgere di patologie gravi costituisce una delle cause più importanti di impoverimento delle famiglie Italiane”. Cosa che si verifica, viene rimarcato, “soprattutto al Sud”.
Inoltre, “negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati”. E’ questo il ‘bollettino’ della Svimez sulla ‘fuga’ dal Sud, il cui peso demografico non fa che diminuire.