La sera del 9 giugno tutti i commentatori politici giudicavano quanto meno avventata, al limite dell’irresponsabile, la scelta del Presidente Macron di bandire nuove elezioni per l’Assemblea Nazionale francese dopo aver analizzato i risultati delle elezioni europee.
Subito dopo il secondo turno, la scelta di Macron è apparsa, almeno in larga misura, vincente. Macron voleva arginare l’onda montante di una destra estrema, sovranista ed anti-europea, che aveva ottenuto un risultato eclatante alle europee e, grazie alle caratteristiche del sistema elettorale a doppio turno vigente in Francia, è riuscito, tra alleanze e desistenze, a raggiungere il suo obiettivo.
La destra di Marine Le Pen è, come è noto, infatti arrivata terza per numero di seggi in Assemblea e quindi fuori dalla possibilità di andare al governo. Il resto è storia.
Il punto che intendevo evidenziare in questo momento è un altro, anche per le immediate ripercussioni sul nostro Paese e per i suoi scenari futuri. La vicenda francese dimostra inequivocabilmente, qualora ce ne fosse stato bisogno, l’importanza della legge elettorale per garantire equilibrio al sistema, ma anche per evitare pericolose fughe in avanti.
In sistema a doppio turno, da questo punto di vista, è quello più rassicurante, dal momento che tende, direi quasi per definizione, a sfavorire le componenti più estreme e a privilegiare soluzioni moderate.
Ma guardiamo all’Italia: è ben nota la proposta della maggioranza di andare verso il cosiddetto premierato, che altera pesi e contrappesi previsti dalla Costituzione, ridimensiona il ruolo del Presidente della Repubblica ed amplia i poteri previsti per il premier, tra cui quello di poter chiedere lo scioglimento delle Camere nel caso di crisi politica. Ebbene l’iter parlamentare previsto per una modifica costituzionale di questa importanza, che di fatto cambia radicalmente la struttura di governance del Paese, è stato avviato senza che sia ancora stata definita la legge elettorale che dovrebbe portare all’elezione del premier.
Circolano varie ipotesi, tra le quali particolarmente insistente è quella basata su un turno unico e con premio di maggioranza. Del resto, ben in linea con la volontà dichiarata dal governo di abolire i ballottaggi per l’elezione di sindaci e presidenti di regione, anche abbassando la soglia che assicura la vittoria al di sotto del 50% (come del resto già avviene in Sicilia…)
È evidente quanto questa questione sia estremamente delicata e potenzialmente pericolosa. Non si può assolutamente rischiare di attribuire poteri amplissimi ad un premier eletto dalla minoranza dei cittadini. Premierato e legge elettorale devono andare insieme.
Personalmente non sono pregiudizialmente contrario al premierato: può essere un elemento di chiarezza ed evitare ribaltoni e manovre di palazzo: la sera delle elezioni i cittadini sanno chi li governerà per i successivi cinque anni ed in caso di sfiducia si torna a votare. Ma il premier, per essere tale, deve godere di un suffragio popolare chiaro, ampio e qualificato attraverso un meccanismo elettorale che permetta di realizzare questi obiettivi. Altrimenti il pericolo di una potenziale deriva autoritaria è veramente dietro l’angolo…