PALERMO – Intestazione fittizia di beni, usura, malversazione e peculato. In Tribunale Franco Mineo si deve difendere da quattro accuse. E c’è il rischio che se ne aggiunga una quinta: abuso d’ufficio. Per quest’ultima ipotesi di reato il deputato ha soltanto ricevuto l’avviso di garanzia. Per le altre quattro, invece, è già sotto processo dal luglio del 2011, quando il giudice per le indagini preliminari Marina Pitruzzella decise di rinviarlo a giudizio.
Assieme a lui sul banco degli imputati c’è Angelo Galatolo, rampollo della famiglia mafiosa dell’Acquasanta. L’indagine, coordinata dai pubblici ministeri Piero Padova e Dario Scaletta, nacque nel 2010 da una perquisizione nello studio di un commercialista della famiglia Galatolo. Gli investigatori della Direzione investigativa antimafia trovarono il passaggio di proprietà di alcuni immobili. Accanto al nome dell’acquirente c’era scritto: “Compra Angelo G.” ((i legali precisano che si trattava non di un passaggio di proprietà ufficiale, ma di un appunto manoscritto ritrovato dagli investigatori nel 2005). Dalle visure catastali emerse che i locali erano in realtà di proprietà di Mineo. Da qui l’ipotesi che il parlamentare abbia comprato gli immobili per conto di Galatolo di cui sarebbe un prestanome e a cui sarebbero finiti i soldi degli affitti. Ipotesi smentita da Mineo (“mai dato un euro a questo signore”, disse riferendosi a Galatolo nel corso di un interrogatorio.
Sotto processo c’è pure Settimo Trapani che di Mineo è stato a lungo braccio destro. Trapani, che nel frattempo è stato eletto presidente della settima circoscrizione, era il responsabile dell’associazione Caput Mundi, attraverso la quale Mineo avrebbe fatto transitare migliaia di euro che, invece di sostenere le famiglie e gli anziani della borgata dell’Arenella, sarebbero serviti per pagare le campagne elettorali dell’onorevole. Da qui l’accusa di malversazione di cui i due rispondono in concorso. Trapani si è sempre difeso e alla fine ha puntato il dito contro le “manovre di Mineo” di cui sarebbe stato vittima.
L’accusa di peculato, invece, è legata all’uso privato del telefonino del Comune di Palermo, all’epoca in cui Mineo era assessore. Infine c’è l’imputazione di usura: da alcune intercettazioni nell’agenzia di assicurazione del politico all’Arenella emergerebbe che nel 2006 Mineo avrebbe prestato denaro imponendo interessi mensili del 20 per cento.
La settimana scorsa si è materializzata una nuova grana giudiziaria. Mineo ha ricevuto un avviso di garanzia per abuso d’ufficio per una vicenda del 2006. Mineo, all’epoca assessore comunale alla Protezione civile, firmò l’atto con cui chiedeva di predisporre la delibera per affidare ad alcune associazioni la vigilanza nei mercati rionali della città. L’ultimo giorno dell’anno la Giunta approvò la delibera. Qualche mese dopo il tg satirico “Striscia la notizia” scoprì, in realtà, che le sette associazioni coinvolte avevano presentato un unico progetto fotocopia. Da lì partirono le indagini della sezione reati contro la pubblica amministrazione della Squadra Mobile, coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci.
Su questi fronte i legali di Mineo, gli avvocati Ninni Reina e Angelo Mangione, si sono limitati a sostenere “la piena legittimità dell’operato di Mineo, certi di potere fare valere le nostre ragioni e convinti della assoluta irrilevanza penale e contabile della condotta che viene contestata”.