Processo Acquamarcia| La sentenza: "Tutti assolti" - Live Sicilia

Processo Acquamarcia| La sentenza: “Tutti assolti”

I giudici si sono pronunciati: disposto anche il dissequestro e la restituzione dell'immobile. Alla sbarra c'erano costruttori ed ex funzionari comunali per la realizzazione del centro direzionale di “Acqua Pia Marcia Spa”, il colosso di Francesco Bellavista Caltagirone. Il commento dei difensori: "Restituzione immediata come per i parcheggi".

Il processo
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Catania. Alle 14 è arrivato il pronunciamento dei giudici: “Tutti assolti perchè il fatto non sussiste”. Deciso anche il dissequestro e la restituzione degli immobili.

“Il dissequestro e la restituzione del centro direzionale all’Acqua Pia Marcia Spa saranno immediatamente esecutivi, come è avvenuto per i Parcheggi”. Lo ha detto Salvatore Trombetta, legale dell’ex amministratore unico Giovanni Benedeuci. “Dal Tribunale- ha concluso- è venuta una decisione serena e lineare”.

Oggi è stato il giorno della decisione per i giudici della Terza sezione penale del tribunale di Catania impegnati nel processo sulla realizzazione del megacentro direzionale della società del gruppo Caltagirone “Acqua Pia Antica Marcia”.

I giudici Rosalba Recupido, Carlo Cannella e Antonella Bacianini si sono ritirati in Camera di consiglio dopo aver ascoltato le repliche dei legali. L’intervento del collegio difensivo, però, è stato brevissimo. Per la costruzione del faraonico complesso edilizio che fronteggia il porto di Catania, i Pm Antonino Fanara e Andrea Ursino avevano chiesto la confisca. Sul banco degli imputati, per lottizzazione abusiva e abuso d’ufficio, siedevano l’ex amministratore della holding romana di Caltagirone, Giovanni Beneduci, il dirigente di “Italgestioni S.r.l.” Maurizio Pennesi, e Giovanni Cervi, amministratore di “Grand Hotel Bellini S.r.l”. Sotto accusa per abuso d’ufficio c’erano anche due funzionari del Comune. Si tratta dell’avvocato Mario Arena, ex componente della Commissione urbanistica, e dell’allora funzionario dellUfficio Edilizia, Vito Padalino. Al centro del processo c’era una della pagina più controverse della storia recente di Catania. Le indagini avevano portato al sequestro dell’opera nel marzo del 2009. Per la Procura e per gli inquirenti del Corpo forestale, le società di costruzione “dopo aver acquistato vari fabbricati hanno posto in essere, in violazione della legge, la ristrutturazione urbanistica di un intero isolato, demolendo i precedenti fabbricati che, nel secolo scorso, avevano una destinazione industriale, per costruire una serie di edifici, collegati tra loro, ad uso negozi, uffici e centro direzionale”.

LA VICENDA

E’ il 2004 quando “Acqua Pia Marcia” entra nell’affare di ristrutturazione degli immobili siti in via Mulini Santa Lucia. Il tentativo di cambiare la destinazione d’uso dell’area per costruire un albergo lo fa per prima nel 2001 la “Delar Immobiliare” di Federico Di Seri. La richiesta di concessione viene bocciata dalla commissione Edilizia del Comune, perché il progetto ricadeva in un’area destinata dal PRG “a sede stradale e a verde pubblico”, ma le società di Beneduci, Pennesi e Cervi sembrano avere una marcia in più. Nello stesso anno, proprio Cervi riesce ad ottenere la concessione dal Comune per un progetto che rientra in un’ottica di “demolizione e ricostruzione” del sito. Informa poi l’amministrazione comunale di voler procedere all’inizio dei lavori avvalendosi della disciplina del silenzio assenso. Lì l’affare si sblocca. Vito Padalino, dirigente dell’Ufficio Urbanistica, chiede il parere del Collegio di Difesa. Il responso è negativo e gli avvocati chiedono al Comune di procedere in autotutela. Ma in piena campagna elettorale, nelle elezioni che porteranno alla riconferma di Scapagnini, il parere trasmesso all’Assessorato Urbanistica e al Segretario generale dell’ente non sortisce effetti. Il Comune non interviene e i lavori, oltre i 120 giorni dalla denuncia di inizio attività previsti per il silenzio assenso, continuano.

L’ACCUSA. Secondo i Pm, che parlano di “lottizzazione abusiva”, l’opera sarebbe stata realizzata in un’area che, ai sensi del PRG del 1969, doveva ospitare una sede stradale. Lo stesso strumento urbanistico, oltretutto, non avrebbe permesso alcun cambio di destinazione. Altra faccenda quella della volumetria delle costruzioni, tema sul quale la Procura ha prodotto in dibattimento una perizia. “L’area edificata- ha spiegato il Pm Antonino Fanara- oltrepassa i volumi edificati preesistenti di 6mila metri cubi”. L’intervento urbanistico, inoltre, sarebbe stato realizzato in assenza di autorizzazione del Demanio Marittimo da parte della Regione Sicilia e in violazione delle norme del Codice di Navigazione sulla distanza delle costruzioni dal Demanio Marittimo. A Vito Padalino e a Mario Arena, invece, è contestato il solo abuso d’ufficio, imputazione accolta anche dal Gip Laura Benanti al momento del rinvio a giudizio.

La DIFESA- Secondo i legali degli ex amministratori delle società, non vi sarebbe stata alcun cambio di destinazione d’uso. “Anche il Mulino- spiegano i difensori- svolgeva attività commerciali, ed entrambe le funzioni prospettate- opificio e centro direzionale- rientrano nel novero delle attività commerciali”. La volumetria degli immobili, poi, non costituirebbe un problema perché “con la DIA (denuncia di inizio attività, ndr) è possibile praticare la demolizione e ricostruzione degli stabili, cambiandone anche sagoma. Per l’ingegnere Carmelo La Piana, tecnico e progettista di “Acqua Pia Marcia” “le differenze di volumetria tra la struttura preesistente e il centro direzionale contestate dai Pm sono da riferirsi all’errato computo nella metratura complessiva delle aree ricadenti sotto la grande cupola di vetro che non sono occupate da scale e ascensori”. Il progettista, oltretutto, avrebbe provveduto ad aggiungere un portone laterale aperta al pubblico riuscendo a ridurre ulteriormente la superficie edificata”.


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