CATANIA – Processo Noce, confermato l’ergastolo a Loris Gagliano. Così ha deciso la Corte confermando la sentenza di primo grado per l’inammissibilità dell’impugnazione. La sentenza arriva all’una e dieci dopo una mattinata di attesa che si è aperta con un presidio davanti al Palazzo di Giustizia organizzato da diverse associazioni impegnate nel contrasto alla violenza di genere (Sen, Sonq, Le Voltapagina, Open Mind, Rita Atria).
Nelle stesse ore, dentro l’aula cominciava l’udienza con l’arringa del difensore di Gagliano. L’avvocato Rabbito insisteva sullo “scivolamento psicotico” e sulla definizione di narcisista come “soggetto debole con insicurezza strutturale” terrorizzato dalle minacce del mondo esterno. Per avallare la richiesta di semi infermità, il legale partiva da una serie di dichiarazioni dell’imputato. “Come può una persona condannata all’ergastolo parlare del suo futuro da affermato professionista?”, si chiedeva Rabbito tentando di smontare l’impianto della ricostruzione dei fatti ricostruito dal Pg. Il punto di partenza era il viaggio del Gagliano alla volta di Licodia Eubea. Alcune domande, a suo avviso, rimanevano senza risposta: “Perché l’imputato portava con sé un arsenale senza temere la presenza di un posto di blocco?”. Nell’arringa il legale si concentrava sul “piano” premeditato che a suo avviso non c’era: il sabotaggio dell’auto andava inteso come una forma di avvertimento, l’allontanamento immediato della madre di Stefania per la denuncia non poteva essere calcolato, Gagliano agiva a distanza di quaranta minuti da quando ha appreso la notizia dell’assenza di Rosa Miano e non portava con sé tutte le armi di cui disponeva quando si recava a casa della ragazza. Il ritrovamento delle chiavi di casa della ragazza nel marsupio, che non riportava tracce di sangue, ritrovato nell’auto dell’imputato, per la difesa era la dimostrazione che fu la vittima ad aprire la porta a Loris. Per la difesa all’imputato mancava “l’esame della realtà”. Da qui la richiesta di escludere le aggravanti e riconoscere la semi infermità del Gagliano.
Diverso, invece, il parere dei giudici che hanno accolto in toto le richieste del Pg Giulio Toscano: l’inammissibilità del processo in secondo grado per la rinuncia all’impugnazione avanzata dall’imputato e, in subordine, la conferma della sentenza di primo grado con condanna all’ergastolo per gli omicidi di Stefania Noce e il nonno Paolo Miano. “Dinnanzi a un ergastolo non mi pronuncio mai in termini di soddisfazione”, commenta a caldo l’avvocato Enrico Trantino, difensore della nonna di Stefania. “Da un punto di vista giuridico – continua Trantino – sicuramente il fatto che siano state accolte le richieste che pubblica e privata accusa congiuntamente hanno sostenuto, relativamente al fatto che la rinuncia all’impugnazione del Gagliano fosse resa da un soggetto in grado di intendere e volere e capace di stare in giudizio che voleva alimentare il dubbio che fosse incapace al momento del fatto, alla fine è prevalsa questa tesi, ovviamente dimostrata non solo da quanto detto dai periti ma da una serie di passaggi che abbiamo portato avanti nel corso delle nostre discussioni evidentemente veicolate nel modo giusto perché hanno fatto presa”.
Gli fa eco il collega Pier Paolo Montalto, legale del padre della vittima: “E’ successo quello che tutti ci aspettavamo e che doveva accadere”. “Una piena operatività a una rinuncia all’impugnazione, ampiamente confortata dagli esiti della perizia che hanno giudicato Gagliano capace di stare in giudizio”, dichiara il legale. “Chiaramente siamo soddisfatti del risultato perché era quello che abbiamo chiesto sin dall’inizio, individuando nella rinuncia all’impugnazione un punto giuridico insuperabile”. I militanti delle associazioni “Sen” e “Rita Atria” ricordano che “nella sentenza di primo grado riconfermata oggi, il giudice riconosceva che il delitto nei confronti di Stefania si configurava come femminicidio, conferendo finalmente dignità giuridica ad un termine troppo spesso denigrato, sicuramente una sentenza storica la cui importanza ci sembra non venga colta dalla politica che continua a non produrre leggi e metodi di prevenzione contro una vera e propria strage, che solo in Italia miete una vittima ogni due giorni”.
Il commento della Cgil, costituitasi parte civile nel processo. “L’ergastolo definitivo per l’assassino della studentessa catanese Stefania Noce, che tre anni fa fu uccisa dal suo ex fidanzato insieme al nonno, a Licodia Eubea, è una importante conferma che arriva alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne. La Cgil di Catania e il Coordinamento donne della Cgil, che hanno già dedicato a Stefania l’apertura di un video per il web lanciato in questi giorni in occasione del 25 novembre, esprimono la loro soddisfazione per la notizia, e ribadiscono la loro grande fiducia nella giustizia e nelle forze dell’ordine che hanno contribuito a punire definitivamente il colpevole, senza scorciatoie. È bene che ogni potenziale assassino di una donna sappia che, oltre a spegnere la vita di un essere umano, cancellerà anche le proprie speranze per un futuro migliore”.