PALERMO – “La Presidenza della Regione dica sì all’utilizzo delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione per salvare le ex Province”. È questo l’appello che Cateno De Luca, sindaco della Città metropolitana di Messina, ha lanciato al governatore Nello Musumeci questa mattina in un incontro con la stampa a cui hanno partecipato anche i deputati all’Ars Danilo Lo Giudice e Vincenzo Figuccia.
Il sindaco della città dello Stretto ha deciso così di passare all’attacco affermando di essersi “rotto le scatole” di quattro mesi di tavoli e sedute “che non hanno portato a una soluzione”. “Oggi – ha raccontato De Luca – lo Stato ci dice: ‘Non ti do un euro ma se vuoi, prendiamo i fondi che ti ho dato sotto una delle tante formule, nel caso come Fsc, e dato che le hai nel cassetto, ti consento di prenderle per salvare le province’. Palermo, però – ha proseguito il sindaco metropolitano – fa il nobile in decadenza dicendo: ‘Queste risorse non si toccano perché servono per fare investimenti'”.
De Luca se l’è presa, così con il governo regionale precedente che non hanno fatto fronte in tempo al problema del prelievo forzoso e come nel suo stile non le ha mandate a dire: “In Sicilia avendo lo Statuto speciale si è deciso di non adeguarsi alla normativa nazionale ma di continuare con la logica dei patti. I risultati mi fanno pensare che siamo cretini e imbecilli speciali. La Sicilia era governata da cretini e imbecilli che hanno abbandonato la situazione a se stessa”.
Ma adesso per De Luca la Presidenza della Regione “sta facendo una battaglia di principio e oggi – ha affermato – è il territorio che si rivolta. Il palazzo deve capire che è necessario bere l’amaro calice dell’utilizzo del Fsc anche se questo vuol dire riconoscere quanto siamo stati cretini e imbecilli. Questo – ha sottolineato – ci fa male, ma per una questione di principio non possiamo non salvare il sistema degli enti locali”.
Per De Luca d’altronde la soluzione proposta “non crea altri danni”. Le risorse che al momento non possono essere impiegate dato che i progetti non sono cantierabili. Così il sindaco di Messina ha rilanciato: “Sfido chiunque, compreso l’assessore all’Economia Armao, a dirmi che è una soluzione tecnicamente impraticabile. È solo una questione politica e visto che è una questione politica mi rivolgo al mio presidente della Regione perché risolva la questione”.
La conferenza stampa è servita a De Luca, Figuccia e Lo Giudice per lanciare l’invito ai sindaci siciliani ad essere presenti a una manifestazione di protesta che si svolgerà giorno 15 maggio a Palermo. Ma il sindaco di Messina è passato all’attacco anche dell’Associazione nazionale dei comuni italiani. “Di cosa si occupa l’Anci?”, si è chiesto. E ancora: “Capisco che riceve da questo palazzo dei contributi per circa 800mila euro e per questo deve starsene quieta ma così nasce un cortocircuito. Se l’Anci si è fatta oppiare da questo palazzo – ha poi affondato De Luca – si vada a disintossicare. Questa non è la battaglia di De Luca. Non voglio personalizzare questa battaglia e per questo chiedo che il 15 maggio l’Anci scenda in campo. Questa è la battaglia di Orlando, di Pogliese di De Luca e di tutti i sindaci siciliani”.
Figuccia e Lo Giudice presenteranno in queste ore un ordine del giorno per impegnare il governo regionale verso la soluzione lanciata da De Luca. Ma all’interno della proposta di impegno politico ci sono anche altri contenuti come il ritiro del decreto di convocazione dei comizi elettorali per le elezioni di secondo livello. “A che serve – ha chiesto retoricamente De Luca – al territorio una politica che pensa alle elezioni e non a risolvere i problemi?” Dello stesso avviso è stato anche Vincenzo Figuccia. “La politica – ha detto – non si può ridurre a fare nomine mettendo qualche consigliere comunale in un’elezione di secondo livello. Ma votiamo per fare cosa? Pensiamo che uno spazio di democrazia vada ridato al territorio e pensiamo che le decisioni devono essere portate fuori dalle stanze dei burocratici”.
Come detto i due deputati presenteranno un ordine del giorno che mira a ottenere, oltre al rinvio delle elezioni e all’utilizzo del Fsc, l’approvazione dei rendiconti senza l’approvazione dei bilanci di previsione e ad avere autorizzati gli interventi infrastrutturali anche senza lì approvazione dei bilanci. Per Danilo Lo Giudice che ha presentato l’ordine del giorno alla stampa “il rimpallo che avviene fra la Regione Siciliana e lo Stato non permette di risolvere il problema. Non vogliamo elemosinare niente da nessuno. Siamo d’accordo che la Regione non debba andare a Roma con il cappello in mano ma – ha concluso – occorre consentire alle ex Province di svolgere le loro funzioni fondamentali”.