Quel pub è "Cosa nostra"| I finanzieri e gli affari del clan - Live Sicilia

Quel pub è “Cosa nostra”| I finanzieri e gli affari del clan

Il pub Lucignolo in via Monfenera

Militari aggrediti mentre difendevano l'amministratore giudiziario del bar tolto a Marcello Viviano.

PALERMO-LE INDAGINI
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PALERMO – Fino a due giorni fa il pub-bar Lucignolo era gestito dai parenti di Marcello Viviano. Poi, sono arrivati i finanzieri e l’amministratore giudiziario per metterlo sotto sequestro.

Il locale di via Monfenera, ad angolo con Corso Tukory, è diventato terreno di scontro. Gli uomini del Gico della Polizia tributaria hanno contenuto l’aggressione di due uomini. Sono arrivati in moto mentre erano in corso le operazioni di immissione in possesso, hanno preso alle spalle i militari, distrutto tutto ciò che gli capitava sotto tiro e poi sono scappati. I finanzieri, impegnati a proteggere l’amministratore, un coadiutore e una donna incinta presente nel locale, hanno rimediato delle ferite. Nulla di grave, per fortuna.

Chi sono gli aggressori? È nel mondo di Marcello Viviano che si scava.  La risoluzione del caso sembra vicina. Quarantadue anni e una condanna in appello a dieci anni per mafia: le indagini hanno piazzato Viviano tra le file del clan di Pagliarelli, fiaccato dagli arresti. Finì in manette nel 2011. Il blitz dei carabinieri era stato denominato Hybris. Da Pagliarelli a Porta Nuova, compreso il popolare quartiere del Borgo Vecchio: l’inchiesta mise in ginocchio la mafia di una grossa fetta della città. Gli investigatori ricostruirono la rete del pizzo e la catena di connivenze che aveva protetto la latitanza di Gianni Nicchi. Le indagini sul picciuteddu di Cosa nostra si intrecciarono con quelle sugli assetti del mandamento. In carcere finirono, innanzitutto, gli uomini che guidavano la cosca che inglobava le famiglie di Pagliarelli, Calatafimi, Borgo Molara e Rocca-Mezzo Monreale. Viviano fu indicato come un uomo del pizzo. A lui i commercianti, piccoli o grandi che fossero, si rivolgevano per chiedere una preventiva messa a posto ed evitare guai in futuro.

È toccato poi ai finanzieri avviare le indagini patrimoniali. Hanno fatto uno screening sui redditi di Viviano. della moglie e dei figli. Tra il 2003 al 2014 tutti insieme hanno dichiarato redditi che hanno raggiunto il tetto massimo di 15 mila euro annui. Non possono, dicono gli investigatori, avere risparmiato i soldi poi investiti per aprire il pub Lucignolo. E così è scattato il sequestro, ordinato dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale, presieduta da Giacomo Montalbano. Martedì l’amministratore, di cui non facciamo il nome in questa fase investigativa ancora delicata, si è presentato in via Monfenera per l’immissione in possesso. Operazioni che, vista la loro delicatezza, sono sempre accompagnate dalla presenza delle forze dell’ordine. Le misure patrimoniali fanno male. Sono quelle che spaventano i mafiosi e che scatenano la loro reazione.


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