Quanto vale la stretta di mano che Leoluca Orlando e Fabrizio Ferrandelli si sono scambiati al Giardino Inglese, alla festa di Addiopizzo? Dobbiamo considerarla alla stregua di un rito, una scenografia a esclusivo beneficio dei fotografi? E’ la premessa di una nuova stagione? E se fosse il sintomo di un battito diverso, di un metronomo differente, verso quale idea dovrebbe indirizzarsi? Ha detto Leoluca Orlando: “Il sindaco di Palermo dovrà affrontare problemi da far tremare le vene ai polsi”. E’ il punto di partenza di un ragionamento incontestabile. La politica – come l’abbiamo conosciuta fin qui – non saprà alleviare le pene di una città morente. Il manuale Cencelli, le ripicche, gli screzi: tutto compone l’armamentario di un passato maldestro che non deve tornare, se non vogliamo l’estinzione e il disastro. I prossimi anni avranno bisogno dell’ingresso in campo di un comitato di salute pubblica. Ci saranno lacrime e sangue. Ci sarà da spiegare ai palermitani il senso di un cammino tortuoso. L’unico viatico di una salvezza difficile.
Chiunque sarà sindaco avrà da affrontare un calvario amarissimo. Chi si illude, chi pensa che l’esperienza di Orlando o la giovinezza di Ferrandelli siano in grado da sole di rovesciare il tavolo è già fuori strada. Non potremo restare alla finestra, certi delle opere benefiche di un salvatore calato dall’alto. Dovremo diventare, se ne saremo capaci, i primi terapeuti del nostro male: pretendendo risposte all’altezza, sopportando le intemperie e aiutando i futuri amministratori nella loro opera irrinunciabile di pulizia e trasparenza. Per questo noi auspichiamo che quella stretta di mano sia il primo elemento condiviso di un domani che sappia coinvolgere il coraggio di tutti. Lo speriamo per noi stessi e per il pianto di Alessandra, una ragazza che si è commossa, al Giardino Inglese, davanti al segno di pacificazione tra Orlando e Ferrandelli. Sono lacrime che meritano una risposta all’altezza.