PALERMO – A ricordare il disastro è servita la seduta per la scelta dei grandi elettori per il Quirinale. La conferenza delle Regioni si era raccomandata di mandare a Roma governatore, presidente dell’Assemblea e vicepresidente d’opposizione. Quello che da sette mesi manca perché le opposizioni non si accordano. Un quadretto che offre il ritratto dello stato di salute del centrodestra siciliano, e di Forza Italia in particolare.
Forza Italia in Sicilia c’è eccome. Anzi, ce ne sono tre. Per rendersene conto basta buttare un occhio a Palazzo dei Normanni. Dove il plotoncino di deputati regionali che si richiamano al movimento di Berlusconi è diviso ormai da mesi in tre tronconi. Che si richiamano tutti alla creatura azzurra del Cavaliere. Ma che camminano distinti e distanti. C’è la Forza Italia doc, quella che fa capo al coordinatore regionale Vincenzo Gibiino, che all’Ars ha il suo zoccolo duro negli ex An, come il capogruppo Marco Falcone. C’è il gruppo del Cantiere popolare di Saverio Romano, fedelissimo di Raffaele Fitto e quindi alfiere dei “ribelli” che chiedono più democrazia interna e meno decisioni calate dall’alto (e che hanno contestato l’ultima tornata di nomine di coordinatori locali da parte di Gibiino). All’Ars, capeggiati da Toto Cordaro, fanno gruppo con quel che resta di Grande Sud (ricordate il movimento arancione di Miccichè che doveva essere la risposta meridionalista alla Lega?). E poi c’è la Lista Musumeci, più che un gruppo un trio, agguerrito e destrorso. Che nella denominazione ha da tempo un “verso Forza Italia” dovuto più che altro all’adesione “tecnica” di Santi Formica. Una mini-babele che la foto di Sala d’Ercole ben rappresenta. E che introduce al caos da day after, tra macerie e duelli, di quello che fu l’invincibile centrodestra siciliano, ridotto da tempo alla marginalità.
A Roma come a Palermo, il centrodestra berlusconiano arranca in cerca di una seconda vita, tutta da costruire. E se nella Capitale almeno c’è un Patto del Nazareno che garantisce a Silvio e ai suoi una centralità, seppur ridimensionata, nello scenario politico, a Palermo non c’è nemmeno quello. E al netto degli strali lanciati a voce alta contro Crocetta (e dei conciliaboli a voce bassa con lo stesso), i forzisti da questa parte dello Stretto rimangono ancora più in ombra, forse ancora più dell’altra opposizione, quella del Movimento 5 Stelle (a cui abbiamo dedicato la prima puntata di questo focus sulle opposizioni). Al momento, bersaglio primo delle critiche azzurre è il piano di rigore che si è intestato l’assessore all’Economia Alessandro Baccei, in sintonia in questo con lo stesso Crocetta. Riccardo Savona, uno che al centrodestra è tornato dopo una parentesi dalle parti di Crocetta, nei giorni scorsi ha parlato del rischio di “una vera e propria guerra civile. Se passerà questo bilancio, dal primo maggio 50 mila persone resteranno senza uno stipendio”. Ed è su questo apocalittico scenario che oggi i berluscones cercheranno di ricostruire consenso, magari confidando nella memoria corta dell’elettorato, considerato che almeno una parte delle premesse del disastro attuale sono state gettate proprio negli anni della gestione della Regione del centrodestra siciliano, come Crocetta non si stanca di ripetere.
Certo, dagli anni del centrodestra di Cuffaro e Lombardo sembra passata un’era geologica. Qualche protagonista è uscito di scena, qualche seconda e terza linea ha varcato il Rubicone, passando dalle parti del centrosinistra. All’Ars di ex folgorati sulla via di Palazzo d’Orleans se ne trova più d’uno. Dalle parti dei Drs si è accasato il palermitano Edi Tamaio, già miccicheiano ed eletto in Grande Sud. Lì siede anche Salvo Lo Giudice, che non attese neanche l’inizio ufficiale della legislatura per lasciare la Lista Musumeci dove era stato eletto. In maggioranza, con Sicilia democratica, anche l’agrigentino già cuffariano Totò Cascio, Luisa Lantieri eletta con Grande Sud e l’ex finiano Pippo Currenti, eletto nella Lista Musumeci come Paolo Ruggirello, ora in Articolo 4, con Valeria Sudano, eletta col Cantiere popolare. Fuoriuscite così numerose da dare il senso di perdita dell’identità che progressivamente ha consumato il blocco berlusconiano.
Sul territorio, la coalizione ha progressivamente perso quasi tutte le città dopo i fasti del passato, mantenendo poche roccaforti come Trapani. “Io credo che il centrodestra debba essere più attento a cercare il consenso che a gestire l’esistente – osserva Nello Musumeci, che rivendica la natura “localistica” della sua lista, distinta da Forza Italia –. Ma soprattutto deve trovare le ragioni dello stare assieme, deve condividere un progetto, una speranza, uno stato d’animo. E questo non lo vedo ancora”. Musumeci in un’affollata manifestazione qualche giorno fa ha parlato apertamente della necessità di “risvegliare il centrodestra per andare nelle piazze a ricucire i legami con i siciliani”. Legami evidentemente sfilacciati. Ma non del tutto, visto che alle ultime Europee Forza Italia ha racimolato nell’Isola un 21,2 per cento ben al di sopra della media nazionale. Intanto, il progetto di Musumeci, #DiventeràBellissima, continua a marciare, e dopo Palermo ha toccato Siracusa con una convention dove si è visto anche Fabio Granata, già assessore regionale di An e oggi leader di Green Italia.
A rimescolare le carte prova Matteo Salvini, che ha battezzato il suo nuovo movimento sudista per allargare i confini leghisti. Nell’Isola il suo plenipotenziario è l’ex Dc Angelo Attaguile. E già nei territori si sono registrate varie manifestazioni di interesse, in parte provenienti dalla galassia dei reduci dell’Mpa di Raffaele Lombardo. Tra i nomi noti attratti dal progetto “Noi per Salvini” c’è quello di Beppe De Santis, già ideologo del lombardismo.
Già, l’Mpa. Gli autonomisti sono ormai l’ombra del potentissimo movimento degli anni d’oro di Lombardo. E ondeggiano tra una vicinanza al centrodestra (che alle ultime europee si è trasformata in un sostegno elettorale alla lista azzurra), più marcata dalle parti di Catania, e sirene di dialogo con il governatore, a cui il capogruppo Roberto Di Mauro ha lanciato segnali molto chiari durante il dibattito d’aula sulla sfiducia. Autonomista, anzi indipendentista, il progetto presentato la settimana scorsa da Gaetano Armao e Rino Piscitello, “Sicilia Nazione”, altro tassello del puzzle di quello che era il centrodestra siciliano, ispirato al sicilianismo e fortemente critico verso Crocetta e Renzi.
Capitoli a sé, scandagliando l’opposizione di centrodestra di Palazzo dei Normanni, rappresenta Ncd. Gli alfaniani rimangono tra color che son sospesi. Alleati con Renzi a Roma, all’opposizione di Crocetta a Palermo, e impegnati a livello nazionale in una complicata fusione con l’Udc, che alla Regione governa, gli esponenti di Ncd, che qui hanno votato la sfiducia a Crocetta, camminano su un sentiero molto stretto. Un’incognita in più nel percorso tutto da inventare per la ricostruzione di un’area che un tempo lontanissimo fu quella del 61 a 0.
(2 – fine)