L’immagine dovrebbe segnalare a qualunque sguardo un senso di speranza. Una persona dai capelli bianchi che, per esempio, alla Fiera del Mediterraneo, rientrando nella categoria over ottanta, riceve una dose di vaccino. Invece, accade che la segnaletica emotiva indirizzi, talvolta, i sentimenti verso un altrove poco incline alla tenerezza. E sui social fioriscono commenti acidi. Non parliamo degli insulti, come quelli piovuti contro la senatrice Segre che sono materia da polizia postale, ma delle sottolineature che, in forma diversa, riconducono quasi tutto a una domanda: perché dare la precedenza agli anziani che hanno campato così a lungo? A rileggerla, si coglie la filigrana dell’orrore, sotto la parvenza della libera opinione. Chi decide che una vita con tanti anni alle sue spalle ha meno valore di un’altra vita, sorteggiata nel mazzo della pandemia?
Poi, oltre l’acredine, ogni ragionamento si può cucire e scucire. Come ha detto l’assessore Razza: “Non è molto razionale che una persona anziana che non ha problemi preceda qualcuno che ha grandi fragilità. Devo dire che, se ci fossero le dosi in numero congruo, il dilemma non si porrebbe. Io mi prendo la responsabilità di considerare nella fase uno i disabili gravissimi”. Si discuta e si decida con pacatezza e con argomenti. La bolgia del rancore di certi non ancora vaccinati non è una unità di misura che si possa prendere in considerazione. Ed è curioso – però fornisce il diagramma della variabilità schizofrenica degli umori in corso – quanto la negatività si indirizzi, per trovare sfogo, verso obiettivi che non si somigliano. Magari, tanti che ieri strepitavano contro i vaccini ‘insicuri’, oggi, pur di ottenere un sorso di acqua dell’immunizzazione, contestano le categorie prioritarie e spingono se stessi in prima fila.
“Quello che accade – dice il professore Daniele La Barbera, psichiatra – riflette i movimenti profondi che attraversano la psiche collettiva e che testimoniamo il collasso di ogni capacità empatica, soprattutto nei confronti dei più fragili. Non c’è nemmeno, in questo caso, il conforto degli affetti parentali. Non si pensa che quelle persone sono i nostri padri e i nostri nonni. Stiamo assistendo all’avanzata di un cinismo indiscriminato e alla perdita dei legami. La protezione dei più deboli è un obiettivo sociale. C’è una evidente deumanizzazione in corso”.
“Ciò che rende ancora più incomprensibile e inquietante l’odio verso gli anziani che si vaccinano – aggiunge il professore – è che non solo si tratta dei soggetti più esposti alle conseguenze gravi della malattia, ma anche di coloro che, come fascia di età e generazione, hanno già pagato un prezzo altissimo e inaudito in termini di vite umane”.
Il commissario Renato Costa, vigilando sui nonni e sui padri, accompagnati dai figli e dai nipoti, ne sta vedendo parecchi, alla Fiera del Mediterraneo di Palermo. “Hanno la felicità dei ragazzi al primo giorno di scuola – racconta – e sono tra i pochi che ringraziano, con lo sguardo carico di felicità. Averli qui è una gioia immensa. Noi procediamo spediti, secondo il programma”.
Allora, forse, dovremmo riconciliarci con la nostra percezione delle cose buone e giuste, tralasciando la strada delle cose cattive e ingiuste. Se c’è una guerra, almeno che serva per costruire qualcosa sopra le macerie. Quel braccio carico di storia che si offre alla salvezza è un simbolo di speranza. E se la segnaletica emotiva ci conduce verso il rancore, meglio andare dalla parte opposta. Ma poi, come si fa a non amare quegli occhi così bambini, sotto i capelli bianchi?