“Uno stupro. Non mi viene altro termine per definire quello che succede nella sanità siciliana. E deve finire subito”.
Il dottore Renato Costa, responsabile Salute della Cgil, già commissario Covid, usa una parola durissima, sia pure in senso lato. Ma è davvero una parola terribile, che ci fa sobbalzare e ne chiediamo conto.
Dottore Costa, non ci sarebbe un vocabolo diverso, oppure conferma?
“No, non c’è per me. I pazienti siciliani subiscono, ogni giorno, la violenza delle mancate risposte e nasce tutto da una politica incapace di fornirle che si fa gli affari suoi e non pensa ai bisogni”.
L’abbiamo chiamata per commentare l’inchiesta, che riguarda la sanità, ma non solo, e che vede coinvolto, in primo piano, l’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro.
“Questa storia mi ha particolarmente provato”.
Perché?
“Anche sul piano personale. Mi ero convinto che ci potesse essere un recupero, per chi ha commesso gravissimi errori, una seconda possibilità. Non è andata così”.
Si riferisce a Cuffaro?
“Ovviamente. Non sul piano penale, su quello morale e dei comportamenti. Che non sono cambiati, secondo quanto abbiamo letto”.
Torniamo alla sanità, agli aspetti patologici di un sistema in cui la politica fa la voce grossa.
“La stessa politica che non ha capito che deve smetterla con il vecchio ritornello delle raccomandazioni e delle spartizioni. E’ necessario mettersi seriamente a lavorare per dare risposte ai sofferenti, perché non ce ne sono. Questo vale sempre, non solo oggi”.
Lei è stato commissario Covid a Palermo, in un frangente tragico…
“Eppure, la nostra sanità sgangherata, con i suoi mille guai, ha retto rispetto ad altre realtà più blasonate. Siamo stati tra le poche regioni ad affrontare l’emergenza, senza mai interrompere l’assistenza per le altre patologie. E questo sa perché è accaduto?”.
Perché?
“Per il sacrificio di ragazzi giovanissimi che hanno fornito un impegno strenuo perché avevano capito che senza una buona sanità si muore. Se queste cose le impara un ragazzo, come fa a non saperle un politico, un uomo adulto e strutturato?”.
Sentiamo nella sua voce il timbro di una rabbia profonda.
“Sì, sono arrabbiato. Non mi esprimo da sindacalista, ma da siciliano e da medico. Noi spendiamo gli stessi soldi del Veneto e abbiamo un sistema incomparabilmente peggiore. Dove, lo ripeto, le persone non hanno diritti e sono violentate per questo. Le racconto un episodio che non ho mai raccontato”.
Prego.
“Noi garantivamo tutto a tutti: tamponi, vaccini, controlli. Un giorno, nel mio ufficio di commissario Covid, si presentò un politico di cui non faccio il nome e mi disse: ‘Ma se io non posso raccomandare nessuno, a che servo?”.
E lei cosa replicò?
“Che con la sua domanda si era dato la risposta da solo”.

