Quel vento d'odio | che soffia a Lampedusa - Live Sicilia

Quel vento d’odio | che soffia a Lampedusa

L'intervento su Lampedusa.

A Lampedusa c’è una porta, opera dell’artista Mimmo Paladino, che segna il confine Sud d’Europa, il punto in cui l’Europa comincia (e non finisce, come spesso si sente dire). In questi giorni è finita nelle pagine di cronaca a causa di un vile gesto compiuto da chi vorrebbe disegnare la mia isola come un luogo non più disposto ad accogliere. Lampedusa è disposta ad accogliere ma non lo è ad essere dimenticata dalle istituzioni. La mia isola ha fatto onore all’Europa e all’umanità intera negli ultimi decenni. E lo ha fatto senza chiedere nulla in cambio. Ma è il momento, e forse siamo già in ritardo, che l’Italia e l’Europa riconoscano di avere un debito nei confronti di questa terra.

È vero, c’è un vento d’odio che soffia su Lampedusa in questi mesi. Individuare una singola causa sarebbe probabilmente un errore, perché la Lampedusa del 2020 è il frutto di tutto quello che ha vissuto negli ultimi anni. Della primavera araba del 2011. Del naufragio del 2013 con il suo carico di amarezza che ha gravato su un popolo che, per quanto forte, ha avvertito tutto il peso di una simile tragedia. Della difficoltà dei collegamenti con la terraferma. Di una sanità che ha fatto importanti passi avanti nel tempo ma che necessita di ulteriori attenzioni. Della paura legata alla pandemia in corso. Dell’incertezza di una stagione turistica che stenta a partire e degli aiuti che non arrivano.

Tutto questo è passato sulla pelle dei miei concittadini e – com’è inevitabile che sia – ha lasciato un segno. La porta d’Europa impacchettata e i roghi ai siti di stoccaggio dei barchini dei migranti sono stati un pugno allo stomaco per me e per la stragrande maggioranza dei lampedusani. Ma se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi lunghi anni in cui i venti d’odio hanno soffiato sull’Italia intera, è che la risposta migliore arriva dalla buona politica, dalla capacità di ascolto e da un lavoro certosino che porta a ricucire uno strappo nella tela.

In questo senso mi sono impegnato con ago e filo in un lavoro assai paziente. E sono grato al ministro Provenzano di aver risposto immediatamente al mio invito a Lampedusa, giungendo sull’isola subito dopo lo sfregio alla porta d’Europa e i roghi. C’è un governo che è davvero attento a quello che sta avvenendo sulla nostra isola. E c’è un ministro per il Sud disponibile, che ha subito messo in chiaro di non essere arrivato a Lampedusa per fare promesse da marinaio, ma per iniziare insieme un cammino che porti a costruire risposte.

«Mi sono innamorato di nuovo di Lampedusa» mi ha scritto dopo essere ripartito. Perché è così, Lampedusa è un posto che fa venire voglia di tornare, fa venire voglia di spendersi per renderlo migliore. Mi auguro che le risposte dal governo arrivino in fretta, soprattutto sul fronte dei collegamenti aerei e del sostegno alle imprese. I lampedusani non chiedono altro, se non gli strumenti per rialzarsi, con dignità, sulle proprie gambe. Ce l’hanno sempre fatta, sono convinto che ce la faranno anche stavolta.


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