GELA (CALTANISSETTA) – Il governatore della Sicilia Rosario Crocetta torna a Gela a pochi giorni dall’ultima visita istituzionale a Palazzo di Città in occasione della presentazione del progetto di rifacimento del porto isola. Questa volta il pretesto è l’apertura dell’anno scolastico e l’inaugurazione di una residenza sanitaria assistita. E torna a rispondere alle domande dei giornalisti sull’ultimo ‘pizzino’ – il numero due – pubblicato sul profilo fb dal titolo ‘Gli ultimi giapponesi’ in cui accusa testualmente che “mentre la realtà ci chiede di essere tutti quanti più responsabili, di lavorare per la ripresa economica, per l’occupazione, di dialogare anche in modo diverso tra forze politiche differenti, di costruire un nuovo rapporto tra partiti e cittadini, c’e’ chi pensa ancora che essere dirigente di un partito significa solo rappresentare una parte, appunto partito”.
Usando questa espressione a chi si riferisce? “A coloro che quando la guerra è finita, pensano lo stesso di continuare. Invece essere patrioti vuol dire lavorare per la pace e per la ricostruzione del paese creando sviluppo e lavoro. Il patriottismo richiede non più di sparare e nascondersi nelle foreste ma di rimboccarsi le maniche”.
Si riferisce ai compagni del Pd? “Non ho l’abitudine di personalizzare le questioni politiche quindi non mi riferisco a nessuno di preciso. Mi riferisco ad un atteggiamento culturale che è diffuso. Anche in Italia è così. Il governo Letta non viene fatto lavorare”.
Ammette quindi gravi incomprensioni nel Pd? E con quali possibili ricadute? “Nel partito non ce ne sono. Piuttosto c’è qualche incomprensione con qualche dirigente che pur non essendo un capogruppo, un segretario o un componente di segreteria si considera più componente del Pd di quanto non lo sia io che sono votato da centinaia di migliaia di democratici”.
Per fare pace, cosa occorre? “Io sono sempre stato in pace. Infatti quando mi riferisco a giapponesi penso a qualcuno che pensa di arroccarsi nell’idea di essere l’unico patriota e che un presidente eletto, espressione del Pd e scelto dalla base del partito, rappresenti il partito meno di lui. E questo non mi va mica bene”.
Quindi il rimpasto si fa o no? “Non mi piace questo termine. Mi sa di traccheggio. E a me i traccheggi non piacciono. Quando c ‘è qualcosa che si può migliorare è bene discutere con serenità. Non per forza bisogna lanciare anatemi, sconfessare o tentare di farlo nei confronti di un Presidente eletto dal popolo. La mia giunta rappresenta una rottura col passato. Chiaramente non discuto sul fatto che un partito abbia sempre bisogno di rimodulare. Ma questo si fa nei tempi e nei modi. Fare il rimpasto – odiosa parola! – significherebbe dire, dopo nove mesi, ‘cari siciliani abbiamo scherzato, abbiamo perso tempo, ricominciamo da capo, poi tra un anno un nuovo rimpasto ed un altro ancora’. Poi ci sono quelli che si candidano alle nuove elezioni e li dobbiamo sostituire. Così accontentiamo le caste ma sicuramente non risolviamo i problemi della Sicilia che invece richiedono assessori a tempo pieno”.
Ma il Pd dice di volere il rimpasto perché vorrebbe una giunta autorevole. “Perché l’assessore Bianchi e la Borsellino non sono autorevoli? Questa è la giunta migliore dal dopoguerra in poi. Il problema è sempre lo stesso. Se si pensa che i partiti debbano occupare le istituzioni, questo è sbagliato. Sono Presidente della regione e dirigente del Pd e sono orgoglioso di esserlo. Ma un Presidente della Regione non rappresenta solo un partito, ma tutte le espressioni della coalizione. Ed io devo governare in nome di tutti i siciliani, anche di quelli che non mi hanno votato. In questo credo di essere lealista e di rispettare la costituzione”.