Questione di... centimetri - Live Sicilia

Questione di… centimetri

La legalità a Palermo? E' davvero una questione di metri, anzi di centimetri. Come dimostra la lettera di un lettore di Livesicilia che racconta una storia... singolare.

Sul finire degli anni quaranta scorsi, in uno quadro in cui le maggiori città italiane erano sfiancate dalla mancanza di spazio, luce e aria e da un sovraffollamento che insidiava la base stessa della civiltà, due studiosi di pianificazione urbana, Franco Marescotti e Irenio Diotallevi, sono giunti a sostenere che  “la morale è questione di metri quadrati”. A distanza di più mezzo secolo, nonostante la condizione di Palermo non sia molto lontana dallo scenario del dopoguerra, il processo di risanamento urbano si è spinto oltre: è affidato alla scala del centimetro.

Lavoro da decenni a Palermo, in uno dei suoi ambiti più affascinanti, tra i Quattro Canti e Piazza Sant’Anna, e come ogni frequentatore del Centro Storico vivo nella giungla dei parcheggi selvaggi, tra posteggiatori abusivi che giocano a guardie e ladri con vigili impotenti, tra cumuli periodici di rifiuti che offrono vitto e alloggio a topi e cani randagi che, a loro volta, accompagnano turisti affascinati dalla decadenza della città. Convinto, come sono, che il decoro urbano sia in carico tanto alle Amministrazioni Pubbliche quanto ai singoli cittadini, fornisco quotidianamente un modesto contributo alla città utilizzando i pochissimi cestini dei rifiuti, facendo la raccolta differenziata, rispettando il Codice della Strada e cedendo, molto di rado, alla palermitanissima abitudine di infrangere sistematicamente le regole.

Ho dunque accolto con entusiasmo la campagna di civiltà promossa dalla Giunta Orlando che, quantomeno nelle intenzioni, dopo un decennio di assoluta vacatio in vigilando, ha deciso di porre un argine al degrado endemico in cui vive la città. Così ho benedetto i barlumi di cambiamento: le squadre di vigili urbani e i loro vigorosi fischietti, le sirene dei carri attrezzi e degli autocompattatori, il ritorno degli stradini in moto-ape e le ronde di polizia e carabinieri contro i parcheggiatori abusivi. E quando nella trappola è caduta anche la mia utilitaria, non mi sono astenuto dal riconoscere l’errore e pagare il prezzo della civiltà a colpi di multe salatissime.

Ma, come si suol dire, il troppo stroppia!

Qualche giorno fa sono stato multato da uno zelantissimo vigile urbano, ai sensi dell’articolo 157 comma 2 del Codice della Strada per non avere lasciato, tra la mia autovettura e la lesena di un palazzo, uno spazio sufficiente per il transito dei pedoni. A rigore, ignaro come la gran parte degli italiani che tra la macchina in sosta e le abitazioni va lasciato almeno un metro di distanza, ma, per formazione, dotato di un certo senso delle distanze, ho chiesto al vigile di chiarirmi le ragioni dell’infrazione e lui, l’agente 61822 del Corpo di Polizia Municipale di Palermo, metro alla mano, mi ha fatto notare che, nonostante tutta la fiancata sinistra e il lato posteriore della mia Peugeot distassero 105 cm dal Palazzo, in corrispondenza del paraurti anteriore della macchina, la lesena del portale d’ingresso dell’abitazione riduceva tale distanza solo a 85 cm e quindi, in tutta evidenza, ero in contravvenzione.

Come ho accennato in precedenza, credo fermamente nel senso civico e nel rispetto delle istituzioni che, dimenandosi tra la scure dei tagli finanziari e il disinteresse dilagante, reggono il timone di un Paese alla deriva. E proprio in forza del senso di appartenenza a questa realtà, ho deciso di scrivere queste due righe e di dare fondo a tutto il mio senso civico: mi appellèrò all’autorità giudiziaria impugnando la contravvenzione e, con essa, il fanatismo di chi pensa che le sorti di questa città debbano passare da un eccesso all’altro e, nella fattispecie, dall’assoluta non curanza all’eccesso spropositato di zelo.

Credo, senza scomodare le Satire di Orazio che ci sia una misura nelle cose o come dice il parcheggiatore di Piazza Borsa quando, avvicinandosi alla mia auto in sosta rimane a mani vuote: “Dottò, ci vuole u ventu n’ Chiesa… ma no astutari i cannili”.

Gioacchino De Simone

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