“Quota cento” sì, ma con pensioni più magre. E’ questo lo scenario che sembra prefigurarsi in questi giorni, mentre la maggioranza prepara il decreto che supererà le regole della legge Fornero.
La riforma pensionistica, fortemente voluta dalla Lega, metterà 430mila dipendenti nelle condizioni di lasciare anticipatamente il lavoro, avendo accumulato 38 anni di contributi e con 62 anni di età. Ma a spartirsi i 3,9 miliardi messi da parte per la misura potrebbero essere al massimo in 300mila. Insomma, previste molte rinunce, dovute probabilmente ai diversi “paletti”, inseriti per limitare l’impatto della riforma sulle finanze statali. Oltre alle cosiddette finestre (i dipendenti privati percepiranno la prima pensione ad aprile, mentre ai pubblici toccherà aspettare fino a luglio) e al divieto di cumulo, a frenare gli entusiasmi degli aspiranti “quotisti” saranno anche assegni più leggeri.
Nessuna penalizzazione diretta, ma una normale applicazione dei metodi di calcolo della pensione: uscendo prima, infatti, si potranno far valere meno anni di contributi e il coefficiente di calcolo applicato risulterà più basso per le età più giovani. Il montante pensionistico verrà quindi spalmato su più anni di erogazioni.
Andando alla cifre, il prezzo da pagare per i quotisti andrebbe dal 5 al 30% dell’intero assegno, in base al numero di anni che li separano dall’attuale soglia stabilita, per la pensione di anzianità.