Fausto Raciti, già segretario del Pd siciliano e oggi parlamentare nazionale, fa parte di quella minoranza del Partito democratico che guarda con spirito molto critico le ultime mosse del partito e in particolare l’abbraccio strettissimo ai 5 Stelle.
Onorevole Fausto Raciti come lo vede questo suo Pd sempre più allacciato ai destini del Movimento 5 Stelle?
“Io vedo un Pd che paga un prezzo molto alto a una scelta strategica che si è immancabilmente rivelata sbagliata. Era sbagliata nelle premesse e si è rivelata tale anche nelle conseguenze”.
Qual è questa scelta sbagliata?
“Quella di non avere promosso alcun cambiamento di fronte alle evidenti criticità del governo Conte, arroccandosi a sua difesa. Tutto gli è sembrato sacrificabile per fare Conte leader di una coalizione con il Movimento 5 stelle. ”.
Questa è la linea del segretario e del partito.
“Questa è diventata la linea del segretario e del partito, con mia sorpresa, dopo la nascita del Conte II. Il Pd ha confuso un passaggio momentaneo, cioè l’esigenza di trovare una maggioranza per non consegnare il Paese a Salvini, col migliore dei mondi possibili. Un errore che rischiamo di pagare in termini di marginalità”.
Ma non è che al prossimo giro dopo tutto questo essere “contiani” di ferro gli elettori vi abbandoneranno per votare direttamente Conte?
“Dipenderà dalla nostra capacità di fare tesoro dell’esperienza del Governo Draghi. Mi pare che invece ci stiamo impegnando nel trasformare la crisi dei 5 Stelle nella nostra crisi. Dobbiamo scegliere se continuare a subire i processi arrivando sempre per ultimi e dopo esserci smentiti ad ogni passaggio oppure se provare a liberare noi stessi e il paese dalla prigionia dei due populismi”.
Zingaretti dura?
“Mi pare certo che una fase si è chiusa con il fallimento di una linea politica, prima lo capiamo meglio è. Zingaretti stesso dice di sentire l’esigenza di una discussione. La sentiamo tutti. Sui modi e i luoghi della discussione aspettiamo di sentire cosa proporrà”.
Quasi zero Sicilia e poco Sud nel governo. È un elemento che deve impensierire?
“È una conseguenza del fatto che noi abbiamo subito quello che è successo senza trovare un modo di essere protagonisti della fase politica. Io confido molto nella capacità del presidente del Consiglio di segnare un successo sulle due cose fondamentali sul tavolo, cioè la gestione della pandemia e la pianificazione del Recovery plan. Mi dispiace che sia andata così ma dovremmo prendercela anzi tutto con noi stessi. Non credo che si possano scaricare le responsabilità della composizione del governo sul presidente del Consiglio in questo caso”.
Questo vostro abbraccio con i 5 Stelle così stretto non rischia di regalare alla destra il centro?
“Se non ci svegliamo più che altro consegnamo il paese alla destra rivirginata dopo i bagordi del Papeete da Giorgetti alle prossime elezioni, perché questa nostra ossessione per le coalizioni è per loro una manna dal cielo. Ciò detto le rispondo: sì. Questa strategia dell’abbraccio con i 5 Stelle piace ai dirigenti del mio partito come Goffredo Bettini ma piace anche a Renzi perché chiude il Partito democratico in un angolo sia dal punto di vista della rappresentanza degli interessi che dal punto di vista dell’identità. Nella testa di alcuni dirigenti del Pd lo spazio lasciato libero lo occupa un Movimento 5 Stelle ‘contizzato’, nella testa di Renzi il suo stesso partito con quello che riesce ad aggregare attorno a sé. La risultante ne è comunque il declassamento del Partito democratico a partitino: non glielo consentiremo”.
Secondo lei si farà una riforma elettorale proporzionale?
“Spero di sì. Anche se di nuovo non vedo nessuna iniziativa politica. La ragione principale, tra le tante, è che si tratta dell’unico modo per certificare fa fine della stagione dei “pieni poteri” da parte della Lega. Ognuno peserebbe per i voti che prende. Fine dell’idea per cui con il 40% dei voti provi a prenderti la maggioranza dei due terzi necessaria a modificare la Costituzione. Le svolte europeiste della Lega e le svolte liberali dei 5 stelle saranno solo l’ennesimo trasformismo di questa legislatura senza proporzionale ”.
Come vede il cammino in Sicilia del Partito democratico?
“È chiaro che c’è disorientamento. Sui territori non mi pare sia mai stato risolto il tema delle alleanze, sia con riferimento al rapporto col Movimento 5 Stelle sia al rapporto col centro. Meno il partito democratico siciliano si lascerà risucchiare nella logica degli schematismi romani e meglio andranno le cose”.
Ma con chi deve parlare il Pd in Sicilia se non con i 5 Stelle, visto che il centrodestra qui è unito?
“Io credo che il Pd siciliano farebbe bene a lavorare prima sul proprio consenso, sulla propria identità, sulla propria proposta politica. E farebbe bene a guardarsi da una situazione che se resta così non promette niente di buono. Solo il Pd può mischiare le carte e mettere in moto una novità che riaccenda qualche speranza è questo che ci può rendere attrattivi e consentirci di costruire davvero alleanze.”