Catania, estorsione: due condanne - Live Sicilia

Racket: “Ti iettu intra ‘u fossu”, estorsori condannati

La vittima ha denunciato alle forze dell'ordine le minacce ricevute da Angelo Monaco e Paolo Mirmina Spatalucente.

CATANIA – Sei anni e otto mesi di carcere, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. È la condanna stabilita dalla seconda sezione penale del tribunale di Catania nei confronti Angelo Monaco e di Paolo Mirmina Spatalucente, accusati dell’estorsione, aggravata dal metodo mafioso, nei confronti dell’imprenditore edile di Belpasso Mario Cavallaro.

L’appalto di Ispica

La vicenda comincia a gennaio 2008, quando Mario Cavallaro, titolare della Area rubino srl, firma un contratto con il Comune di Ispica che prevede, tra l’altro, lo sbancamento di un’area della cittadina in provincia di Ragusa. Passa poco tempo e dall’imprenditore edile di Belpasso si presenta Angelo Monaco: arriva per conto della Olimpo costruzioni srl, dice Monaco a Cavallaro, e vuole essere pagato 80mila euro per effettuare lo sbancamento al posto della società di Cavallaro. Lì si nasconde la richiesta di pizzo. Tanto più che la Olimpo costruzioni era stata sequestrata a febbraio 2008.

Il sequestro, però, non impedisce alla Olimpo costruzioni di cominciare i lavori, che vengono interrotti bruscamente dopo pochi mesi: a luglio 2008, mezza Sicilia orientale viene scossa dall’operazione Nemesi della procura della Repubblica di Siracusa. Il dispiegamento di forze è imponente per arrestare i presunti esponenti del clan mafioso Aparo-Trigila. Tra i reggenti c’è Angelo Monaco, che finisce dietro le sbarre. Il cantiere si ferma per un po’, ma poi la ditta viene sostituita per permettere alla società di Cavallaro di andare avanti con l’appalto per il Comune ispicese.

L’inizio e la fine dell’incubo

A questo punto, però, per l’imprenditore di Belpasso cominciano le visite sgradite. Con Monaco in galera, a chiedere il corrispettivo arriva il genero Paolo Mirmina Spatalucente: non bastavano i soldi dati per i lavori eseguiti, sostiene Mirmina Spatalucente parlando con la vittima, bisognava che la loro ditta venisse pagata per intero. Altrimenti? “A tia ti iettu intra ‘u fossu“, avrebbe risposto, come si legge nel decreto che dispone il giudizio, a luglio 2016. La traduzione dal dialetto è semplice: “Ti butto in un fosso”.

Le visite in cantiere sono numerose. Finché a luglio 2014 le minacce non cambiano forma: Monaco è fuori dal carcere, lui e il genero si presentano direttamente a Belpasso, nel capannone di Mario Cavallaro. Vogliono i soldi, e li vogliono tutti. Pochi giorni dopo i due sono di nuovo in provincia di Catania. “Non c’è nuddu, né a Catania né a Palermo né a Milano, ca’ mi po’ diri no”, avrebbe detto Monaco. Nessuno avrebbe potuto negargli qualcosa, in nessun posto.

Un mese dopo, ad agosto 2014, l’ennesima visita al capannone. “O mi dai questi soldi o ti faccio portare a Noto dentro a un cofano”. A quel punto, Cavallaro consegna cinque assegni, privi dell’indicazione del beneficiario, per un importo complessivo di 50mila euro. I due estorsori non sapevano, però, che nel frattempo l’imprenditore belpassese si era rivolto alle forze dell’ordine. Ieri è arrivata la condanna. Oltre alla pena da scontare in carcere e all’interdizione, Monaco e Mirmina Spatalucente dovranno pagare 1400 euro di multa e i danni alle due parti civili riconosciute dai giudici: Mario Cavallaro e l’associazione antiracket Libera Impresa che lo ha assistito.


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