PALERMO – Conti in utile, anche se di poco, mezzi dal guasto facile e in parte rinnovati e lavoratori spesso e volentieri sul piede di guerra. Non si può dire che sia facile la vita per la Rap, la società nata a luglio del 2013 per soppiantare la fallita Amia e che deve operare in una città con la differenziata al minimo, le discariche abusive che spuntano come funghi e un senso civico non proprio scandinavo.
Ma al di là delle condizioni difficili, la Rap sconta anche un parco mezzi vecchio e malandato (al netto dei nuovi arrivi, come i 10 compattatori presentati di recente ma subito bisognosi di una taratura), relazioni con i sindacati non sempre serene, disguidi nella raccolta che producono continue emergenze come quella di ottobre o quella ben più grave della scorsa estate, che è addirittura costata il posto a un dirigente. La società guidata da due anni da Sergio Marino, inoltre, deve anche tribolare per riscuotere le fatture dal Comune, con gli uffici di Palazzo delle Aquile che lamentano un contratto di servizio carente e privo delle necessarie penali. Basti pensare che qualche settimana fa si è rischiato lo scontro per fatture su raccolta e manutenzione strade da 16 milioni di euro, mica bruscolini.
Il punto è che non sempre i servizi sono all’altezza delle aspettative, con i dirigenti comunali che non mancano di notarlo e di segnalarlo: una volta manca la congruità, un’altra le necessarie informazioni, a volte la Rap non riesce nemmeno a spendere tutti i soldi a sua disposizione (nel 2014 non ha speso 4 milioni di quelli disponibili per la manutenzione di strade e marciapiedi), altre invece (come nel caso dell’igiene ambientale) spende più di quello che il Comune ha stanziato: 6,6 milioni in più, per l’esattezza, che adesso Palazzo delle Aquile dovrà trovare da qualche parte.
Spulciando il bilancio del 2014, approvato dal cda, spuntano un utile di circa 200 mila euro, debiti per 37 milioni e crediti per 33 milioni verso il Comune. Su quasi 125 milioni di euro di spese, ben 95 sono solo per il personale (2.130 unità, di cui 10 dirigenti, 269 impiegati e 1.851 operai) e la Rap detiene 2mila azioni della consortile Reset. Grazie alla ricapitalizzazione di 5,5 milioni di euro, effettuata dal Comune con un mutuo della Cassa depositi e prestiti, sono state liberate somme per gli investimenti (dai cestini ai compattatori), che però non sempre sono sufficienti.
Nel 2014 sono state raccolte 25.800 tonnellate al mese di immondizia, grazie a tre turni di lavoro su 75 itinerari: sono 60 i compattatori grandi (a cui aggiungere quelli presentati di recente), 16 gli extra grandi, oltre a 8.700 cassonetti, a cui sommare i 2mila già acquistati. Capitolo a parte merita la raccolta porta a porta, che entro il 2016 dovrebbe estendersi ad altri 5 quartieri raggiungendo quota 260mila abitanti, anche se la campagna informativa non è ancora partita. E dire che la Rap si è anche “liberata” del servizio di pulizia caditoie, passato ad Amap. Il budget 2015 presenta un corrispettivo di 138,7 milioni, di cui 106,6 per l’igiene ambientale, 14,8 per la manutenzione strade, 8,4 per sanificazione e il resto per differenziata e altri ricavi. Le spese comprendono quasi 1,5 milioni di affitti di mezzi, 2 milioni per il lavoro notturno, 2,4 per quello festivo, quasi 5 per il carburante.
Numeri che raccontano la difficile missione della Rap: far dimenticare anni di disservizi e placare le proteste di chi in cambio paga una Tari salata. “Il prezzo del fallimento di Amia lo paghiamo ancora oggi nella performance di Rap – dice il presidente Marino – gradualmente, con passaggi chiari e incisivi, stiamo rendendo più efficiente il servizio. Se però non ci sarà un miglioramento dell’azienda e del personale e una presa di coscienza dei cittadini, Palermo non sarà mai pulita”. La posta in palio del resto è altissima: il mantenimento dei posti di lavoro e la mancata apertura ai privati sono stati due capisaldi del programma di governo di Orlando, che su Rap e Reset si gioca gran parte della propria credibilità in vista della prossima campagna elettorale.

