CATANIA. Non ci sarebbero dubbi, secondo il sostituto pg di Catania Giuseppe Lombardo, sulle responsabilità di Dario Meffi, in ordine alle accuse di sequestro di persona, violenza sessuale e privata, rapina, lesioni ed atti persecutori. Reati commessi ai danni dell’ex compagna, una 24enne di origini bulgare. Accuse che sono costate in primo grado al 41enne di Mascali una condanna a 9 anni e 4 mesi di reclusione. Riconosciuto all’imputato un vizio parziale di mente. Stamani davanti ai giudici della terza sezione penale della Corte di Appello di Catania, presieduta da Nunzio Corsaro, il pg ha chiesto la conferma della sentenza impugnata. Dopo aver ripercorso tutti gli atti di indagine compiuti dai carabinieri di Mascali e dalla Sezione Investigazioni Scientifiche di Catania, ha sottolineato la loro coerenza e linearità.
Subito dopo ha preso la parola il legale di parte civile Michele Pansera. Quest’ultimo si è associato all’accusa, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado. Le arringhe dei difensori di fiducia dell’imputato, Ernesto Pino e Giuseppe Musumeci, sono state invece rinviate, su richiesta degli stessi legali, al 26 settembre. In quella data Dario Meffi rilascerà dichiarazioni spontanee.
L’INCHIESTA. Sono da poco passate le 23 quando, nel maggio del 2016, una tranquilla serata primaverile si trasforma in un incubo per una ragazza di 24 anni. La giovane, allontanatasi per acquistare le sigarette al padre, incrocia in una via del centro di Mascali l’ex compagno, il 39enne Dario Meffi. Quest’ultimo, per strada nonostante fosse sottoposto agli arresti domiciliari, costringe la ex a seguirlo fino a casa, minacciandola con una sega. Lì, dopo averla colpita con schiaffi e calci, la violenta. Il padre della ragazza, preoccupato per il mancato rientro della figlia, la chiama al cellulare. La vittima convince Meffi a consetirle di rispondergli per evitare che l’uomo si insospettisca e la venga a cercare. La giovane, utilizzando la propria lingua d’origine, il bulgaro, lancia l’allarme. Pochi minuti dopo nell’abitazione di Meffi irrompono i carabinieri di Mascali, che arrestano l’uomo in flagranza di reato.
In primo grado l’imputato viene riconosciuto colpevole. Per il tribunale, infatti, le dichiarazioni della vittima, ritenuta credibile, sarebbero state “spontanee, lineari, coerenti e precise”. Le testimonianze di amici e colleghi ed i messaggi scambiati tra Meffi e la giovane proverebbero, secondo i giudici, come l’imputato sia stato più volte violento e minaccioso con la vittima. Infine, la perquisizone compiuta in casa del 40enne avrebbe confermato ulteriormente quanto raccontato dalla ragazza.