CATANIA. Tutto pronto. O quasi. Il futuro prossimo dell’Ateneo catanese sembra passare inesorabilmente per una data: quella del 21 febbraio. E’ un giovedì. Una giornata che, dalle nostre parti, non richiama a nulla se non a quella che sarà l’elezione del nuovo Rettore dell’Università di Catania. Una marcia d’avvicinamento lunga cinquanta giorni dalla quale verrà fuori il successore di Recca. L’idea di tutti è che l’Ateneo debba cambiare marcia: svoltare verso un innalzamento della qualità che al momento costituisce l’unico strumento a disposizione per restare a galla. Ma tra il dire ed il fare occorre sempre fare i conti con i consueti giochi di una politica capace di decretare le fortune o le sventure anche dei candidati al rettorato. Giochi che, una istituzione elettoralmente allettante come l’Università, ha scarsissime possibilità di schivare. Ad oggi, sono quattro gli aspiranti candidati a capo dell’Ateneo catanese. Si tratta, in rigorosissimo ordine alfabetico, di Vittorio Calabrese, Enrico Iachello, Giacomo Pignataro e Giuseppe Vecchio. La sfida è, ormai, ufficialmente aperta e la si disputa su di un terreno in cui, in un momento così delicato anche per il mondo accademico, chi bara, chi promette a vanvera, rischia di essere estromesso subito. Senza possibilità d’appello.
“Condivisione, trasparenza e progettualità” sono le parole d’ordine dalle quali parte Vittorio Calabrese, 53enne ordinario di Biochimica clinica. “Bisogna rilanciare il potenziale della Ricerca: agganciarci a quella internazionale per ottenere sviluppo ed attrarre risorse”, dice. E poi: “Un altro aspetto da privilegiare sarà quello della Formazione: andare incontro alle esigenze dei nostri studenti e gestire al meglio il percorso legato alle lauree ed ai dottorati. Per come la vedo io, poi, l’Università deve essere il centro dello sviluppo sociale ed istituzionale del territorio”.
“Non c’è dubbio che dopo i tagli che ci sono stati imposti – spiega Enrico Iachello, 60 anni, componente del CdA dell’Ateneo -, dobbiamo lavorare al meglio per giungere ai Fondi premiali del Ministero. Occorre lavorare sul Ricerca e Didattica perché la situazione di crisi non cambierà: ed allora dovremo farcela solo con le nostre forze. Una cosa che dobbiamo fare fin da subito è, poi, puntare a ridurre i fuori corso che ci penalizzano sulla graduatoria della premialità. Tuttavia, la base di partenza resta una soltanto: migliorare la nostra ricerca scientifica”.
Ad avere avanzato la propria candidatura è anche Giacomo Pignataro, 49enne, docente di Scienza delle Finanze al Dipartimento di Economia e Impresa: “Io credo che l’Università debba rinnovarsi – spiega -; e deve farlo per divenire punto di riferimento per questa società. E per farlo dobbiamo mobilitare tutte le energie intellettuali a nostra disposizione. Io credo che occorra un colpo di reni perché altrimenti il rischio che corriamo è quello di essere marginalizzati dalle Università del Sud. Qual è la mia ricetta? Dobbiamo mantenere un segmento di qualità alto”.
“Abbiamo una grossa responsabilità davanti: e non possiamo fallire”. Ne è convinto Giuseppe Vecchio, 60 anni, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali. Candidato, anch’egli, alle elezioni del 21 febbraio: “Ci sono due elementi imprescindibili dai quali partire. Sono: la Ricerca e la Didattica. Noi abbiamo una popolazione studentesca di 60 mila utenti ai quali dobbiamo, giustamente, rendere conto della qualità delle nostre proposte. L’Università è come il collo di una clessidra: noi siamo il tramite tra il locale ed il globale e davanti abbiamo davvero una grande sfida che non possiamo disattendere. Una priorità su tutte? Di certo, occorre modificare lo Statuto per rendere più partecipativo e responsabile il corpo accademico e ogni singola istituzione che la compone”.