REGGIO EMILIA – Reggio Emilia, dei condomini diffidano la famiglia di un bimbo autistico per troppe urla. La notizia è stata data dal dorso di Reggio Emilia del Resto del Carlino. La diffida ricevuta dalla famiglia del piccolo affetto da autismo è arrivata nelle scorse settimane. Il legale che rappresenta alcuni vicini di condominio lamenta una situazione di disagio e l’impossibilità di godere serenamente dei propri spazi domestici dei suoi assistiti a causa delle “urla e rumori molesti” che arrivano dall’abitazione in cui vive un bambino autistico.
Destinataria dell’atto una famiglia residente nello stabile da tre anni, in località Casalgrande, in provincia di Reggio Emilia. La famiglia diffidata è composta da una coppia di genitori e due bambini di 4 e 7 anni, quest’ultimo autistico. Come spiega il quotidiano la diffida spedita dall’avvocato – che assiste i condomini della famiglia, una coppia di pensionati e una giovane donna – rimarca, una “situazione di disagio che perdura da anni e anzi, vive alcune fasi di acutizzazione durante le quali risulta impossibile godere serenamente dei propri spazi domestici”.
Il legale contesta che “si avvertono chiaramente anche le grida dei genitori, della madre in particolare, probabilmente ormai senza armi nella difficile battaglia contro questa patologia”. A conclusione della diffida l’invito a “rivolgersi quanto prima al servizio sanitario al fine di richiedere assistenza qualificata”.
Considerazioni, come scrive ‘il Resto del Carlino’, che feriscono i genitori del bambino. “Dicono che non facciamo nulla per migliorare la situazione di nostro figlio e conseguentemente la loro, questo ci fa male. Uno dei nostri stipendi va alle terapie” per il piccolo. “Viviamo con l’angoscia. Un figlio autistico è difficile da gestire, ma sapere di avere attorno persone che non si sforzano di capire ci tormenta ancora di più. Gli autistici attraversano spesso momenti di gravi crisi, è difficile anche per noi”.
La diffida, spiega l’avvocato dei vicini di casa, è arrivata dopo che gli stessi si erano rivolti all’amministratore dello stabile per un tentativo di incontrarsi con la famiglia del ragazzino e “dev’essere intesa come un’altra via per fornire suggerimenti per rendere più vivibile il clima condominiale”.