Regione, rendiconto in parte bocciato: Sicilia, cosa può accadere

Regione, rendiconto in parte bocciato: Sicilia, cosa può accadere

Accolto il ricorso del procuratore generale

La Corte dei Conti nazionale accoglie il ricorso del procuratore generale della Corte dei Conti siciliana Pino Zingale e boccia di nuovo due parti del rendiconto 2019. A decidere il procedimento è stata la sezione giurisdizionale, presieduta da Mario Pischedda. Giudici relatori: Francesco Sucameli e Andrea Luberti. La sentenza impone alla Regione di aumentare lo stanziamento del capitolo relativo al fondo crediti di dubbia esigibilità. Da poco meno di 35 milioni attuali a 43 milioni e mezzo.

La questione di legittimità

Ma è il secondo punto bocciato a rischiare di pesare conti regionali. È stata sollevata una questione di legittimità su un articolo della Finanziaria del 2016. Si tratta dell’articolo 6 della legge regionale numero 3 del 17 marzo 2016 che aveva autorizzato l’uso dei soldi del fondo sanitario per pagare le rate di un prestito legato al piano di rientro della Regione. Di fatto ne consegue il rischio di incostituzionalità della norma del 2016 che ha prodotto effetto dal 2016 ad oggi. Se dovesse essere annullata ne deriverebbe un effetto domino su cinque anni di bilanci regionali.

L’assessore regionale all’economia Gaetano Armao ritiene comunque che gli effetti della sentenza impongano poche correzioni e per nulla sostanziali: “Visto che il rendiconto del 2019 è già stato approvato all’Ars o si fa una modifica in parlamento per aumentare lo stanziamento sul fondo crediti di dubbia esigibilità oppure la giunta potrebbe decidere di attivare un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale”. In ogni caso, aggiunge

Armao, si parla “di poco più di 8 milioni di correzione su un bilancio di 20 miliardi”. Qualora la Consulta dovesse sancire la illegittimità della norma sul pagamento del vecchio mutuo allora si creerebbe un buco di circa 140 milioni all’anno: “Ma è una decisione che non arriverà prima di qualche anno e dunque non comporta azioni da parte del governo regionale. In ogni caso la norma che ora finisce sotto accusa è stata approvata dal governo Crocetta

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